Gennaio è da sempre un mese tosto, è il mese in cui ho sott’occhio il planning dell’anno e soprattutto l’obiettivo di fatturato che mi sono data, l’ho appena scritto quindi me lo ricordo bene. Diciamolo sinceramente: Gennaio è il mese dell’ansia da fatturato. Per me lo è stato, nonostante non sia stato affatto un mese fermo o improduttivo mi sono ritrovata più volte a guardare la mia tabella e dire “mah, non avrò esagerato?”. Non capita sempre, ma quest’anno sì, forse perché con Olli lavorare è sempre un bel match, forse (o certamente) perché mio marito ha finalmente aperto lo studio (e quindi iniziano le spesone fisse), insomma questo gennaio è stato con il fiato corto.
Lavoro Lavoro Lavoro
La prima soluzione che trovo a questa ripresa con il fiato corto di solito è sempre la stessa: lavorare, lavorare, lavorare, che nel mio caso non significa semplicemente vendere, ma strutturare tutta una serie di cose per arrivare alla vendita, e così testa bassa e occhi sullo schermo, ore piccole e lavoro in tutti i possibili buchi della giornata e nonostante le liste spuntate il fiato corto resta e con lui il nervosismo in casa, le tensioni con i bambini e i troppi momenti di “rumoroso” sovrappensiero.
Dirsi la verità
La seconda soluzione che trovo è fortunatamente meno solitaria: guardare mio marito e dirgli “Calda non mi piace vivere così”. E non importa se anche lui respira male, dirselo a vicenda aiuta a togliersi di dosso la convinzione che “ok ora mi assesto, ce la faccio da sola, ora mi ripiglio, tanto passa”. La cosa bella di questi momenti è che immediatamente si trasformano in occasioni per tornare a guardarsi in faccia e dirsi “hei ma tu come stai?” occasioni per capire che la cattiva sorte non sono le malattie, ma esattamente questo: la vita che si fa pesante.
Guardare fuori
Non avere paura di quello che sento mettendolo sul tavolo, davanti a una persona che mi vuole bene è l’inizio della risalita, perché non ci sono immagini da difendere, colpe da dare, ma solo il desiderio di riabbracciare il giorno dopo giorno in modo nuovo. E anche questa volta ho capito una cosa: per non lasciarmi risucchiare dal lavoro ho bisogno di regalare il mio tempo e le mie energie a qualcosa che non sia mio, ho bisogno di dedicarmi agli altri, ma non per un eccesso di buonismo, ma per recuperare la consapevolezza di quello che conta davvero. “Calda c’è tizio che ha bisogno di una mano perché sta facendo fatica, lo so che anche qui in casa si fa fatica ma io ho bisogno di dedicarmi agli altri per tornare a guardare noi senza pesantezza, senza scontatezza.” La sua risposta è sempre “lo so, vai” e di questo non sarò mai abbastanza grata.