Prima di diventare freelance e poi piccola imprenditrice sono passata da altre esperienze lavorative, alcune tremende (come quando lavoravo in un’agenzia di viaggi a millemila chilometri da casa) altre belle (come i 6 anni passati a lavorare in una bellissima sala da tè), altre faticose ma divertenti (come quando facevo la cameriera ai piani in montagna durante l’estate).
Belli o brutti che fossero ogni lavoro mi ha insegnato qualcosa e così è stato anche nella mia esperienza di 3 anni da “artigiana”.
Come ormai sapete le Myselfie non lasceranno più il Myselfie Cottage per raggiungervi nelle vostre case, è stata una decisione che ho preso seguendo i segni che in questo anno mi sono stati messi sul cammino e per questo senza il minimo dubbio che fosse la cosa giusta da fare, ma oggi avevo il desiderio di fissare quello che ho imparato in questi anni di Myselfie perché ci sono aspetti che secondo me valgono sempre, qualunque lavoro si faccia.
L’IDEA e LA PASSIONE
Le Myselfie sono nate senza sapere cosa sarebbero diventate e soprattutto cosa avrebbero generato in me. Le prime pennellate su quelle mollette prese per gioco su Etsy hanno reso felice la mia bimba che allora aveva tre anni. Sono nate in un impeto creativo imitando alcuni “lavoretti” americani (l’origine delle Myselfie potete approfondirla qui) e nel tempo si sono trasformate nel mio lavoro. E’ stata passione quella che mi ha fatto muovere i primi passi nel mondo handmade, una passione che era di fatto un dialogo tra me e me, accompagnato da pensieri come “lo faccio perché mi piace” “bello questo, domani provo”, “forse potrei fare così” “no, questo non mi piace più” ecc… insomma, una passione che ti permette di conoscerti e di scoprire qualcosa in più di te stessa, ma che ad un certo punto non è più sufficiente perché si scontra con un’altra presenza indispensabile: il cliente.
IL CLIENTE (nel mio caso LA cliente)
Senza clienti non c’è business ed è quindi ovvio che perché un’attività continui ad esistere occorre tenere conto dei suoi gusti, delle sue esigenze, delle richieste, dei dettagli. Le mie clienti sono quelle che mi hanno permesso di capire che la bellezza delle Myselfie non risiedeva semplicemente nel oro aspetto estetico, ma in quello che simboleggiavano: lì dentro, in quella molletta dipinta vedevano molto di più, vedevano se stesse e quindi tutta la loro storia.
Il cliente va scoperto
Ci ho messo un’estate per capire che tipo di persona potesse amare le Myselfie, è stata l’estate in cui ho puntato tutto sulla comunicazione visiva raccontando il vero cuore delle Myselfie ed è stato il vero inizio di maturazione del mio business. Mi sono immedesimata, ho cercato di capire gusti ed esigenze sempre paragonandoli con i miei gusti e le mie esigenze, e più si delineava questa “persona”, più io capivo cosa potevo offrirle.
Il cliente va guidato (che a volte significa “arginato”)
All’inizio il processo di creazione delle Myselfie era un casino pazzesco fatto di messaggi inviati via mail, foto inviate via Facebook e richieste irrealizzabili, botta e risposta e continue richieste di modifiche. La crescente domanda e l’evidente spreco di tempo mi ha spianto a mettere alcuni paletti sulle richieste dei clienti, paletti necessari per far capire loro cosa era possibile e cosa non lo era e per permettere a me un lavoro più sereno. Ad ogni cliente che ordinava una Myselfie inviavo un form da compilare (una sorta di questionario fatto su Typeform) che mi permetteva di raccogliere le informazioni fondamentali, ma che lasciava anche spazio alla cliente di raccontarsi. Ho incontrato 450 cuori grazie ai form delle Myselfie e in moltissime mi hanno ringraziato per averle guidate in quel percorso. Arginare il cliente non significa limitarlo, ma lo aiuta a non confondersi, a non essere indeciso, a capire che quello che sta acquistando è davvero per lui/lei, significa non deluderlo (nel limite delle capacità umane) quando il prodotto arriva a casa.
LA CURA
Questa parola ricorre spessissimo nel mio lavoro, è il mio tratto distintivo (assieme all’amore per l’identità): il mio lavoro può cambiare infinite volte, ma rimane sempre costante questo elemento, la cura.
La cura è una sorta di abbraccio che tiene dentro tutto, tiene dentro le scelte che si fanno sul prodotto (materiali, packaging, spedizioni, foto, descrizioni..), ma tiene dentro anche la relazione con il cliente (immedesimazione, relazione, flusso di acquisto facile, disponibilità..) e con noi stessi, perché sembra strano, ma lavoriamo bene per gli altri quando abbiamo cura di noi, quando facciamo un passo indietro se non ci sentiamo in grado di fare un lavoro o quando diciamo “stop” perché abbiamo bisogno di una pausa. La cura di noi alimenta la cura per tutto il resto, ma soprattutto, la cura è spesso la miglior risposta a qualsiasi inghippo, disservizio, errore, disguido possa capitare. Ho clienti che non mi mollano dai primi anni del mio lavoro, che prima acquistavano Myselfie e ora acquistano i miei corsi e questo lo devo solo ad una cosa: LA CURA che mi hanno insegnato le Myselfie.
IL TEMPO
Le Myselfie mi hanno insegnato che il “quanto ci metti” è davvero rilevante, soprattutto se fai tutto da sola. Il tempo di realizzazione di un prodotto non ha a che fare solo con il tempo che impieghi a fare un pezzo, ma include anche la lettura delle mail, il tempo speso con i fornitori o a cercarne di nuovi, il tempo impiegato per fare pacchetti e quello per prenotare le spedizioni. Fare Myselfie mi ha insegnato che nella realizzazione di un lavoro, spesso le attività che richiedono più tempo sono quelle che non si vedono e allora bisogna trovare il modo per far capire che il valore di quel prodotto/servizio è molto di più di quello che si vede. Ma attenzione, non lo si fa capire lamentandosene, lo si fa capire mostrandoci al lavoro, raccontando di noi, del nostro tempo, recuperando quella passione che aveva mosso i primi passi, una passione che è diventata matura e consapevole e che quindi è più stabile, meno istintiva.
IL COSTO e IL PREZZO
Sono sempre stata pessima in matematica, è una cosa che detesto, è la parte meno poetica di quello che faccio, ma è anche la parte che ad oggi mi ha permesso di trasformare delle intuizioni in un lavoro vero (e con vero intendo che mi garantisce uno stipendio mensile dignitoso e adatto a casa nostra). La passione non paga le tasse e nemmeno i fornitori, sono i conti che tornano a farlo e questo significa anche trasformarci ogni tanto in matematici senza sentimento, che mettono nero su bianco i costi di un progetto e ne verificano la fattibilità. Le Myselfie costavano molto, ma sapevo che quel prezzo aveva a che fare con materiali costi e valore intrinseco, a me spettava solo fare il possibile perché si capisse che quel prezzo era giusto. Raccontare il valore non significa sbattere in faccia ai clienti il bilancio familiare o i tempi di realizzazione per giustificare un certo prezzo, significa permettergli di vivere un’esperienza che renda quei soldi davvero “spendibili”, magari anche solo una volta, proprio quella volta.
LA PERSONALIZZAZIONE e LA PAZIENZA
Bisogna ammetterlo: fare prodotti personalizzati è stressante non tanto per le richieste dei clienti (che se hai lavorato bene ai tre punti precedenti sono assolutamente sotto controllo), quanto per la costante lotta tra il “devo fare questo” e il “vorrei però fare quello”, delle volte mi è sembrato quasi di sentirmi incastrata in quella decisione presa anni prima e quelle sono state le volte in cui ho capito che prima o poi sarebbe arrivato il momento di cambiare e di trasferire quella cura e quella capacità di celebrare l’unicità degli altri in un’altra forma. Le Myselfie mi hanno insegnato la pazienza, quella pazienza di chi sta davanti a quello che deve fare e lo fa fino in fondo con amore, finché i tempi sono maturi per cambiare.
L’EVOLUZIONE
Quella pazienza è anche quella che ti aiuta a capire che arriva il momento in cui occorre scegliere per fare un salto di crescita. Io ero arrivata lì, alla piena consapevolezza che per crescere era necessario decidere se puntare tutto sulle Myselfie (e quindi allargarmi all’estero, studiare linee nuove, cambiare fornitori, esternalizzare alcuni passaggi…) oppure intraprendere un nuovo cammino, fatto della stessa cura, della stesso cuore, ma diverso nella forma. Evolversi vuol dire maturare, accettare di cambiare senza timore seguire il flusso e a cogliere i segni, iniziare da capo per certi versi.
“Hai lavorato quasi quattro anni ad un prodotto per poi lasciarlo andare, che peccato”.