All’inizio di settembre i miei cognati sono tornati dall’Australia per qualche giorno; per l’occasione li ho invitati qui a casa, ci siamo mangiati una pizza e per dessert ho tirato fuori dal frigo un fantastico tiramisù industriale. Mia cognata mi guarda e mi dice prendendomi in giro “ma come, su Instagram fai quelle foto con i muffin e le torte e poi mi presenti il Tiramisù del Penny Market?”. Ho riso perché sono molto cosciente del fatto che in me coesistono un forte desiderio di saper cucinare e la mancanza di tempo per farlo come si deve, ma poi mi è venuta subito in mente un episodio che mi è accaduto quest’estate e che mi ha fatto riflettere su quanto sia alto il rischio di dedicare più cura a quello che mostriamo su Instagram, piuttosto che al prodotto/servizio stesso.
Qualche tempo fa una ragazza mi ha scritto per chiedermi un consiglio, ma soprattutto per segnalarmi che seguendo un input che le avevo dato io con un mio post (avete in mente il discorso sugli Influencer della volta scorsa?) e “convinta” dal profilo Instagram di un piccolo brand, aveva fatto un acquisto, ma era rimasta parecchio delusa da quello che aveva ricevuto, come se le sue aspettative fossero state totalmente disattese (avete presente questa sensazione?) .
SE PROMETTI POI MANTIENI (con Ambra in sottofondo)
La cosa “grave” secondo me non stava solo nel fatto che il prodotto aveva dei difetti , quanto piuttosto nell’aver promesso un’esperienza (attraverso il profilo Instagram) che poi non si è verificata lungo il percorso di acquisto di questa cliente e soprattutto nel customer care post acquisto. Deludere un cliente è la cosa più dannosa che possiamo fare per il nostro business, e la delusione non ha a che fare con il cosa facciamo, ma il come lo facciamo.
Il nostro racconto visivo su Instagram è tanto più utile alla nostra attività quanto più ne esplicita i dettagli, la cura, la storia. Se diventa uno specchietto per le allodole allora nel lungo periodo ne subiremo le conseguenze, perché, in questo social-mondo, spesso ci dimentichiamo che c’è uno strumento molto old-style ma ancora molto potente che lavora a nostra insaputa: si chiama “passaparola”.
IL POTERE DEL PASSAPAROLA
Non si tratta di pettegolezzo o antipatia, ma di confronto “vecchio-stile” che è molto più efficace dei commenti, i like e gli share, una “recensione”su cui le persone non si risparmiano quando i dialoghi avvengono offline (pensiamoci in azione e capirete cosa intendo, sì, mi ci metto anch’io, nessuno escluso).
Se ora vi state preoccupando di come salvaguardarvi dal passaparola negativo (che non significa essere simpatici a tutti, ma essere rispettabili e credibili), sappiate che c’è solo un modo per farlo: lavorando bene, avendo a cuore il cliente, le sue domande, le sue preoccupazioni, la sua esperienza, il percorso d’acquisto da quando ci scopre a quando avrà il nostro pacchetto tra le mani; un pacchetto che sarà tanto più di valore quanto più la nostra comunicazione avrà risvegliato e poi confermato alcune sensazioni.
La cura del cliente deve venire prima del profilo Instagram. SEMPRE.
CREDIBILI FINO ALLA MORTE 😉
Ma c’è un’altra cosa che io mi porto a casa da questo episodio, come insegnamento per me: tanto più è forte il legame con i followers, la relazione con loro, tanto più diventa fondamentale fare attenzione a quello che “promuoviamo” nei nostri canali. Il tiramisù, la delusione della ragazza che mi ha scritto, ma anche gli errori che ho fatto nel mio percorso mi hanno insegnato che quello che mostriamo ci rende più o meno credibili e quindi autorevoli.
È per questo motivo che ho avuto il bisogno di chiarire a me stessa i criteri con cui accetto di promuovere un prodotto/marchio ed è proprio per questo che farò un post perché sia un pro-memoria indelebile soprattutto per me, ma anche per chi dovrà scontrarsi con i miei “NO”.
Ci sentiamo la prossima settimana! Vado a fare un dolce, ma questa volta vero!