In questi giorni mi sono fatta una dose di recite di Natale (quelle old style, quelle con Maria, Giuseppe, angeli, stelle, pastori e compagnia bella). Ho guardato i miei bambini immergersi a fondo in quello che stavano rappresentando, li ho osservati guardare fissi il centro della “storia”, li ho sorpresi superare le loro paure (Davidino il primo anno di asilo si è buttato per terra ed è stato lì a faccia in giù per tutta la recita), li ho amati a distanza. Sì, a distanza perché davanti a me invece di spalle di adulti avevo schermi di tablet e luci di telefonini che riducevano il mio campo visivo. Così mi sono scelta il posto più in fondo alla sala, quello dove i miei figli non mi potevano vedere (anche se sapevano che io e papà eravamo lì). Da lì li potevo guardare senza distarli e senza distrarmi. Da lì potevo guardare davvero, totalmente presente.
Sì, perché da qualche tempo io e lo smartphone abbiamo messo le cose in chiaro: lui mi serve, ho bisogno di lui per sbrigare faccende, per lavorare bene, per raccontare storie, per fare foto belle e utili, ma non ho bisogno di lui per vivere, non ho bisogno di lui per guardare, non ho bisogno di lui per ricordare.
Oggi è il mio compleanno; l’anno scorso mi regalavo uno smartphone, quest’anno mi regalo il lusso di farne a meno, di dimenticarlo in macchina, di lasciarlo a casa quando esco, di spegnerlo di notte.
E’ la mia occasione: usare soprattutto gli occhi, custodire con il cuore e conservare nella mente.
Ci sentiamo domani per gli auguri di Natale!