Questo post l’ho scritto prima di tutto per me; sembra un discorso completamente in contrasto rispetto a quello che ripeto costantemente – e cioè che dobbiamo comunicare per gli altri – ma, come scrivevo nei post precedenti, ho fatto comunicazione fino ad ora come andava fatta non escludendo mai i Social Network dal mio panorama comunicativo, ma sento fortemente la necessità di “un’altra possibilità” e spesso, per liberarmi di certi schemi preconfezionati, devo dare una virata netta in un’altra direzione, devo mettermi in una condizione di “pericolo” (la mia amica Silvia-Maria direbbe che mi faccio degli agguati) per trovare una soluzione nuova per “sopravvivere”.
La virata che ho dato è quella che ho chiamato come “what got you here won’t get you there” e che ha a che fare con la diverse decisioni tra cui quella di pubblicare su Instagram solo una volta al mese (sì, proprio io che con Instagram ho costruito la mia esperienza formativa.. insomma, più agguato di così…)
Non posso permettermelo (fino a quando?)
La frase che sento più spesso quando qualcuno scopre che ho preso questa decisione è “sarebbe bellissimo, ma non posso permettermelo” e io credo che sia vero; io ci credo che per alcune attività Instagram sia fondamentale e porti vendite, ma quello che penso anche è che ci siano tre grandi errori di fondo che portano a pronunciare questa frase:
- Il primo errore è in realtà un tranello e cioè l’idea diffusa che Instagram (e i Social) siano una destinazione e non un canale. Molto spesso quando faccio le consulenze mi accorgo che l’atteggiamento ricorrente è questo: faccio queste cose/ho queste idee e vorrei capire come raccontarlo sui Social del tipo “ho in mente di fare questa collezione di abiti e devo decidere come raccontarlo su Instagram” oppure “ho deciso di fare delle dirette su Instagram su questo tema perché mi sembra interessante”, poi approfondisci e scopri che queste idee nascono senza avere ancora ben chiaro cosa facciamo per davvero, in quale direzione ci vogliamo muovere, cosa conta per noi, come sono fatti i nostri prodotti/servizi e cosa possiamo dire di loro. E’ come quei mercatini delle pulci in cui le persone mettono sul tavolo qualunque cosa abbiano in casa. Ma un conto è metterle lì perché te ne vuoi liberare, un conto è trasformare quel tavolo in una vera attività.
- il secondo errore è un’illusione e cioè quella di poter controllare per davvero i Social Network, di aver capito tutto di loro e di potersi affidare completamente a loro per “esistere online”. Questo significa che in giornate come quella di qualche giorno fa, se avevi immaginato di fare un importantissimo live su Instagram per lanciare una novità, o avevi pubblicato post e stories (o adv) per la stessa ragione, bé non avresti potuto farlo perché Instagram è andato in down per un’ora e nessuno di noi ha a disposizione qualcuno che lo aggiusta come si fa con i siti (perché guarda caso, quello non è uno spazio nostro ma di Zuckerberg and co.).
- il terzo errore è una mancanza di prospettiva e di autonomia. Tutte le volte che io sento la frase “vorrei ma non posso” mi chiedo se la frase giusta non sia “vorrei ma ho paura”, perché nel primo caso quello che stiamo dicendo è che non abbiamo potere decisionale e creativo sulla nostra attività (e allora mi viene da pensare che siamo messi peggio che in un regime), mentre nel secondo caso puoi darti il permesso di avere paura, ma puoi anche essere molto sincero nel dirti che la paura non toglie la possibilità di cercare e provare altre strade, puoi dirti “ora non posso, ma voglio lavorare per poterne fare a meno” (se è quello che desideri).
Crea quello di cui hai bisogno
Quando ho deciso di smettere di usare Instagram come avevo sempre fatto ho dovuto chiedermi se tenerlo aperto o chiuderlo completamente. Ho lavorato al mio canale Instagram con grande cura per anni e, a differenza di chi si è pentito di un certo uso e ha riniziato da zero, io ho amato tutto il percorso perché sono io dall’inizio alla fine, lo sono da quando pubblicavo still life due volte al giorno fino ad oggi che pubblico una volta al mese. No, non avrei chiuso quel canale, volevo che continuasse ad essere tale e cioè una strada per far arrivare le persone al cuore del mio lavoro e quindi dovevo chiedermi, quali delle sue caratteristiche mi piaceva, quale invece mi creava grande fastidio e cosa avrebbe dovuto trovare chi capitava volontariamente (o involontariamente) sul mio profilo. Non ho mai amato i profili “non aggiornati” senza una spiegazione, quelli che sanno di negozio sfitto, quindi era importante per me far sapere perché il mio profilo contenesse una foto al mese e soprattutto dovevo far capire che la mia assenza lì implicava un lavorio e una presenza altrove. Come fare? modificando la bio, liberandomi di link.tree e creando una pagina sul mio sito da poter aggiornare come un piccolo archivio delle cose importanti e degli aggiornamenti del momento e mettere quello come “link in bio”, è un sito nel sito, uno spazio flessibile e vivace dove sono io però che decido tutto, dalla prima all’ultima cosa che si trova lì dentro.
E’ funzionale? sì, per me prima di tutto perché chiede una certa disciplina, e per il profilo Instagram che così non si ritrova con un link vecchio e che soprattutto non richiede che io entri ed esca da IG per aggiornarlo.
Gallina vecchia fa buon brodo
C’è una questione di fondo che ho lasciato sottintesa in tutto questo post: io ho potuto “permettermi” una decisione del genere e muovermi come ho fatto perché online esisto non grazie ai Social Network, ma grazie al sito che ho e che continuo ad aggiornare e custodire come il vero contenitore della mia identità e del mio lavoro (e questo significa esserci per Google e per chi fa un certo tipo di ricerca online) e perché ho un canale di comunicazione che tra alti e bassi mi permette di raggiungere le persone senza sottostare a regole schizofreniche e mai davvero comprensibili: la newsletter.
Sono strumenti che esistono da sempre, da prima dei Social Network, sono strumenti vecchi come internet eppure proprio per questo non ancora schiavi di quelle dinamiche da condivisione compulsiva che ci hanno illuso di poter trovare eldorado dentro allo schermo di un telefono o che potevamo farci pubblicità gratis senza accorgerci che in realtà stavamo usando una valuta molto più scarsa e preziosa: il nostro tempo.
E allora mi tengo la gallina vecchia perché il brodo ha quel sapore là, quello che ha dentro gli ingredienti giusti, la cura delle cose buone e la pazienza del tempo.
E ora arrivo a te, a quel “non me lo posso permettere” e ti chiedo:
hai mai davvero costruito la tua presenza su una base più solida che ti permettesse di fare le tue regole? Se la risposta è no allora sappi che questo Manuale ha dentro proprio questa possibilità:

Hai domande o commenti su quello che hai appena letto?
Scrivimele qui così posso approfondire il post e condividerle (in forma anonima) con i lettori del blog.