Ho sempre pensato che fosse inevitabile (e indispensabile) fermare alcuni punti del mio cammino per scoprirne la grandezza e guardarne i dettagli. Per tutta la vita l’ho fatto nella mia testa o appuntandomi due righe. Alla veneranda età di 33 anni ho deciso di farlo con un tatuaggio.
Per molte di voi la scelta di farlo – e di scriverci addirittura un post – potrebbe sembrare una cosa banale, ma dovete capire che io sono nata e cresciuta in una famiglia iper-tradizionalista (di cui amo pregi e difetti), ho amiche adorate, ma molto a modo (solo una di loro ha azzardato un tatuaggio in università ed è stata amorevolmente sbeffeggiata per anni, sì anche da me – scusa Rom) e non sono quel tipo di persona che se ne stra-sbatte dell’ambiente in cui è immersa. Diciamo che non sono il prototipo della ribellione.
Aspetta che lo ripeto, IO NON SONO IL PROTOTIPO DELLA RIBELLIONE

Ricordo perfettamente il giorno in cui ho deciso di farlo, era un giorno faticoso, sia mentalmente che fisicamente
Mentre ero immersa nei miei pensieri, mi arriva un messaggio da Chiara di BalenaLab che mi illumina sul mio bisogno: la necessità di tornare al bello, di ri-scavare dentro di me e di levare la polvere da quel cuore galoppante, ma affannato. Mi aveva girato anche una foto, mai vista prima di quel momento e che poi ho continuato a rivedere qua e là
Ecco io avevo bisogno di ri-bellarmi, di tornare a quel Bello che rigenera e contagia, calma e mette in moto senza ansia, sa guardare fino in fondo. E’ proprio da quel momento che il mio fermarmi è diventata ricerca,rinascita e ritorno a dialogare con Chi è l’origine di quel bello (da lì sono nati tutti i post sulla ri-bellione).
Ma siccome io sono una che scopre, ma che ricasca facilmente nelle cattive abitudini questa volta ho deciso di fissare quella scoperta davanti ai miei occhi. Ora dovevo solo capire quale forma dovesse avere questo “ricordati di “. Poi è arrivata la mia amica Enrica e il suo disegno ha fatto svanire tutti i dubbi:
Eccomi, azzurra (che è più un modo di essere che un colore di capelli) e in pace, come se tutto quello che faccio fosse frutto di una cura del mio tempo e di quel cuore (come quello del mio amico Icaro) che più di ogni altro ha bisogno di essere custodito.
Non avevo più dubbi, quella pupazzina doveva essere lì, sul braccio che uso quotidianamente per lavorare a ricordarmi di rimanere azzurra anche quando tornerò castana (perché sì, tornerò castana), di custodire il mo cuore e di ricercare la bellezza SEMPRE.
Mi piace pensare che quello che mi sono tatuata sia anche il segno di incontri che ti cambiano e ti fanno capire di più chi sei (lì dentro ci sono Chiara, Enrica, mia cognata Amaia e mio marito Calda che quando l’ha visto mi ha detto “sai cosa fa ridere, tu sei la persona meno ribelle che io conosca”), insomma il mio è anche un GRAZIE di cuore (e di pelle).
p.s. ho cercato come una matta l’autore di quella foto che mi ha mandato Chiara che ha fatto talmente tanti giri da rendere quasi impossibile risalire alla fonte; e invece ce l’ho fatta, la foto è di Valeria Favrin (che tra le altre cose crea bellissime decorazioni). Ancora una volta, gli ostacoli creano occasioni per incontrare persone.
“La vita è un’avventura, ma solo l’avventuriero lo scopre” (G.K.Chesterton)