[ndr: leggi fino in fondo, c’è un NOTA BENE a cui tengo molto!]
Quest’anno ho frequentato la Bschool di Marie Forleo (un programma intensivo di business coaching). Quando mi sono iscritta l’ho fatto perché sapevo di dover cambiare alcune cose nella mia attività, ma avevo bisogno di una forte spinta e pensavo che quell’esperienza avrebbe portato ispirazione e novità nel mio lavoro. Così è stato da molti punti di vista, ma quello che davvero ha fatto la differenza nel mio anno di lavoro non è stata la Forleo.
Tutto è successo tramite un incontro assolutamente non previsto.
All’inizio di quest’anno, come avevo già scritto qui, ho tenuto due incontri formativi per fundraiser. Dovevo spiegare come Instagram poteva dare supporto alle No Profit e, mentre preparavo il materiale formativo e cercavo i casi studio mi sono imbattuta in una delle più grandi realtà no profit statunitensi che – certamente senza volerlo – ha determinato in modo potente tutte le mie decisioni di quest’anno: Charity:Water.
La storia di questa realtà (e soprattutto del suo fondatore) è bellissima, davvero “inspiring” – come si usa dire:
in estrema sintesi, il fondatore di Charity:Water, Scott Harrison – un ex promoter di night club newyorkesi – profondamente insoddisfatto di una vita fatta di lusso, ambizione, droga e trasgressione decide di mollare tutto per vedere se “dalla parte opposta” di quello stile di vita ci fosse la risposta alla sua insoddisfazione. Per questa ragione – e con non poca fatica perché nessuno lo voleva – parte con una nave di medici che si occupano di chirurgia maxillofacciale per le popolazioni africane colpite dalle più disparate forme di tumori. Il ruolo di Scott era quello di documentare (con foto e video) il lavoro di questi medici. Lungo queste spedizione si rende conto che la maggior parte dei problemi sanitari e socio culturali di queste popolazioni era dovuta ad una sola ragione: la mancanza di acqua potabile. Così decide di informare di questa situazione tutti i suoi contatti mail raccolti con il suo lavoro di nightclubber e, colpito dall’interesse, ritorna in patria e crea una NoProfit per portare acqua potabile in tutto il mondo.
Ad oggi CW ha realizzato 44.000 progetti per l’accesso all’acqua potabile servendo oltre 10.000.000 di persone.
Starei qui a parlare di Charity:Water per ore, ma non questo il luogo e forse neanche il mio compito (se sai l’inglese ti consiglio il libro di Scott Harisson, altrimenti, se hai meno tempo, guarda questo video); quello che qui voglio raccogliere sono le cose che ho imparato guardando la storia e le mosse di una No Profit che davvero fa la differenza nel mondo:
- Tutto quello che ti capita, che scegli, che impari nel tempo acquista un senso che va oltre il significato immediato: Scott, il fondatore, aveva scelto di studiare comunicazione in università perché era la facoltà più facile. Questa è stata l’unica “referenza” che gli ha permesso di essere accettato sulla nave di Mercy Ships come fotogiornalista (e che ha determinato la sua cura della comunicazione visiva)
- E’ necessario avere uno scopo più grande e più profondo che va oltre le singole soluzioni che offriamo con il nostro lavoro: tutte le volte che qualcuno chiede a Scott qual è lo scopo di CW lui risponde che quello che fanno è garantire accesso all’acqua potabile per tutte le popolazioni del mondo, ma quello per cui lavorano davvero è cambiare il modo di fare No profit. Per loro infatti non è vitale solo raggiungere gli obiettivi concreti della no profit, ma soprattutto offrire un’esperienza “esaltante” in chi dona in modo tale che questa esperienza diventi contagiosa. Mai differenza tra mission (acqua potabile per tutti) e vision (cambiare il modo di fare carità) fu più chiaro.
- L’ego è nemico dei risultati (e di un sacco di altre cose): se sul posto dove CW vuole intervenire c’è un’altra organizzazione al lavoro per lo stesso obiettivo, CW non si sostituisce mai, anzi, si mette al servizio di chi c’è già e sta lavorando al risultato che vogliono ottenere. Solo chi ha davvero a cuore il cambiamento che vuole apportare nel mondo lascia spazio agli altri e si mette umilmente al servizio.
- Essere trasparenti – e quindi vulnerabili – è un segno di coraggio, non di debolezza: CW non ha mai tenuto nascosti insuccessi (come quel triplo tentativo fallito di trovare l’acqua in Moale) e problemi (come la causa legale del 2011), li ha raccontati non per desiderio di compatimento ma come dimostrazione di umanità e tenacia, ma soprattutto non rinuncia mai a dire chiaramente dove vanno i soldi e quanto di quello che viene donato contribuisce alla realizzazione dei progetti (che tra l’altro è il 100% – cosa che nessuna no profit garantisce – perché si sono anche inventati un nuovo modello di “business” che permette che tutte le donazioni vadano a finanziare i pozzi).
- L’umiltà e la semplicità sono grandi alleate del successo (quello vero che non è egocentrico): un sacco di volte viene domandato a Scott perché si “limitano” a fare pozzi quando potrebbero fare progetti più complessi, costruire scuole, ospedali ecc.. Lui tutte le volte risponde che finché il problema dell’acqua (radice della maggior parte dei problemi) non è definitivamente risolto non si occuperanno di altro, tutti gli sforzi e le intenzioni non vengono dispersi ma si focalizzano su una sola cosa, semplice e fondamentale: l’acqua.
- La tecnologia e il marketing sono uno strumento utilissimo al servizio della causa: entrare nel sito di CW e visitare i suoi canali è un’esperienza bellissima, non c’è aspetto che non sia curato, che non sia sorprendente e incredibilmente al servizio di chi desidera donare. Non si accontentano di quattro banner e uno slogan, ti fanno conoscere le persone che servono e che lavorano, ti fanno vedere con il GPS quali progetti stanno finanziando con i soldi che hai donato, ti portano in viaggio nei paesi in cui lavorano, raccontano il backstage in ufficio… ti fanno sentire davvero parte di qualcosa di grande. Non c’è traccia di lamento o senso di colpa, c’è solo la gioia immensa di chi sa che sta cambiando il mondo (e quindi se stesso) e questo permette che le persone ne parlino (come sto facendo io ora).
- Vale la pena crescere (di numero, di soldi) solo se permette più cambiamento, non più ricchezza (questa è una delle cose più preziose che ho imparato): tutte le volte che in CW aggiungono un pezzo alla loro comunicazione, al loro staff, alle loro idee, che implementano un sistema non è mai per vanità, ma perché venga garantito un impatto maggiore nel cambiamento che si può apportare.
- I canali e i contatti che si hanno vanno usati sempre per un valore: ogni newsletter di CW è una full immersion di valore, ogni articolo, ogni video, il libro di Scott, tutto è un contributo non solo ai loro progetti ma anche alla vita di chi legge (non solo di chi dona).
- Vale la pena incontrare le persone esattamente dove sono, non dove tu vuoi che siano: il Charity Ball che tengono ogni anno può sembrare il più classico dei controsensi, Will Smith che si butta da un elicottero per muovere donazioni potrebbe essere uno spot individuale e egocentrico, così come le campagne di fundraising di tanti Influencer, ma il punto per CW non è giudicare la vita di chi dona, ma incontrarli esattamente dove sono, anche immersi nel lusso e nel controsenso. L’uomo merita di essere raggiunto sia che sia senza acqua, sia che navighi nell’oro.
- Non conta la dimensione del piede, conta la decisione di fare un passo: poco dopo aver conosciuto CW ho deciso di diventare sostenitrice di questa realtà donando ogni mese una piccola quota fissa. Quando ho ideato Soggiorno al Cottage però, mi sono detta che avrei donato una quota fissa per ogni iscritto e così alla fine del lancio ho potuto fare una donazione consistente. La cosa che mi ha colpito di più è che non c’è stata differenza di comunicazione tra le mie piccole donazioni mensili e la grande donazione post lancio, in entrambi i casi ho avuto la stessa impeccabile cura e se questo potrebbe sembrare un errore, in realtà mi ha dimostrato che non è la quantità di quello che si “spende” a fare la differenza, la vera differenza la fa prima di tutto la decisione di voler cambiare (noi stessi e il mondo).
Quest’anno tutto quello che è nato nel Cottage ha avuto questa realtà come maestra (potrei abbinare ciascuna delle mie decisioni ad uno degli 10 punti elencati qui sopra) ed è per questo che ho capito che l’ispirazione non va cercata in luoghi prestabiliti, l’ispirazione accade: basta guardare fino in fondo quello che ci succede, indagarne i dettagli e lasciarsi ispirare senza forzature ma con immenso e grato stupore.
P.s. Per l’anno prossimo ho sospeso tutti gli abbonamenti formativi a cui ero iscritta, ne ho mantenuto uno solo: si chiama The Spring ed è la scuola migliore a cui si possa andare.
NOTA BENE: se stai leggendo questo post sappi che a breve è il mio compleanno e che se vuoi festeggiarmi puoi fare una cosa con e per me: donare a Charity Water! Compio 37 anni ed è per questo che l’obiettivo che voglio raggiungere è 3700€ (ma se fosse di più sarebbe bellissimo).
Il Vocabolario del Cottage è la mia personalissima interpretazione delle parole che vanno “di moda” nella mia “bolla”, quella che ha a che fare con la creatività, con la comunicazione e i social network e con la libera professione. Non mi interessa “essere contro”, ma guardare le parole che usiamo, capirle e quindi usarle con una nuova consapevolezza del loro significato. (nota bene: il mio vocabolario non è in ordine alfabetico, ma segue più che altro le cose che accadono)