[Questa storia è stata una narrazione corale scritta a più mani sul mio profilo Instagram]
A Bermeo, un piccolo paese basco, il mare è così vicino che nelle giornate più ventose quasi ti entra in casa, bussa alla porta, scompiglia le imposte. E proprio in una di quelle giornate nacque AneJane, figlia di un marinaio e di una donna dalle labbra così belle da guadagnarsi sguardi, e invidie, da tutti i paesani.
Aveva i capelli color del fuoco AneJane, così rossi che suo padre le diceva sempre che per scaldarsi d’inverno le bastava guardarla. E in quel momento il tempo sembrava restare sospeso, come le nuvole dei loro respiri.
Suo padre era originario di Doolin. Aveva conosciuto sua madre a Santillana del Mar, dove era approdato alla fine di una lunga traversata iniziata all’ombra delle ripide scogliere di Moher. Si era lasciato accogliere dalle coste dei Paesi Baschi, finché il suo cuore da marinaio non aveva ricominciato a farsi sentire, richiamato da chissà quale canto di sirene che lo invitava a ripartire. “Tornerò” – le aveva assicurato, lasciandole una scatola di latta: dentro, una biglia in cui sembrava aver intrappolato il mare, quasi a suggerirle che anche lei era fatta di onde e spuma.
Da quel momento, ogni giorno AneJane si siede ai piedi del faro di Machachico e mentre scruta l’orizzonte le dita si muovono quasi da sole, raccolgono ciocche e le intrecciano, poi le sfilano e ricominciano, come una litania senza fine, silenziosa e rassicurante. Scruta l’orizzonte e attende, anche quando dipinge con l’inchiostro azzurro il mare agitato che circonda Gaztelugaxte o annota i suoi pensieri sul taccuino ormai ingiallito, seduta al bancone del vecchio bar del porto, dove la torta di mele e cannella sa di ricordi lontani.
Anche quando lavora nella piccola erboristeria della madre, tra fiori di iperico e radici di liquirizia, si ritrova spesso a sbirciare carte navali e a studiare rotte insolite cercando di domare il suo cuore inquieto.
Quella mattina stava bevendo, come tutti i giorni, il suo tè nero nella caffetteria del porto quando lo vide: un grande peschereccio, pronto a salpare. Qualcosa dentro le stava dicendo che era il suo momento…
Doveva partire. Corse a casa, infilò velocemente nello zaino il taccuino, i pennelli, le carte navali che aveva studiato così a lungo, un paio di oggetti che le ricordassero Bermeo e Gaztelugaxte, una bussola e la sua scatola di latta, piena di conchiglie e vetri azzurrognoli. Sopra ai bermuda e alla felpa a righe infilò il cappotto verde con la vecchia spilla a forma di volpe, il suo preferito.
Passò davanti all’erboristeria e trovò sua madre già sulla porta. La aspettava. Sapeva che quel giorno sarebbe arrivato, che AneJane sarebbe partita al cambiare del vento, proprio come il suo amato marinaio. Il vento e l’intuito non l’avevano mai ingannata. Incartò una fetta di torta di mele e cannella e le donò una scatolina di tè nero, che custodiva per una grande occasione. Le rivolse uno sguardo umido e commosso, consapevole che quella figlia, come tutti i figli, non era mai stata solo sua, le era stata affidata. AneJane, commossa ma profondamente grata, l’abbracciò forte prima di dirigersi al porto.
Quando la nave attraccò a Reine, nelle isole Lofoten, erano passati ormai diversi mesi da quel saluto.
AneJane aveva trascorso tutte le sue giornate a bordo con i marinai, e toccato con mano quello che prima aveva solo letto nei libri. In Normandia alcuni pescatori le raccontarono del naufragio di una nave spagnola, molti anni prima. Lì aveva capito che era il momento di lasciar andare suo padre, ma allo stesso tempo si era resa conto che non era partita solo per cercarlo. Quello che la muoveva era la necessità di circondarsi di persone che, come lui, non avessero paura di vivere seguendo le proprie aspirazioni, senza accontentarsi.
Così quando vide quella ragazza bionda mentre piegava fogli di carta per trasformarli in leggiadri aeroplanini, che metteva subito alla prova lanciandoli dalla balconata di un rorbu rosso, le sembrò quasi di conoscerla. Come se fosse una vecchia amica che la stava aspettando.
Windy sorrideva mentre l’ennesimo aeroplanino si librava in volo per poi atterrare proprio ai piedi della marinaia appena sbarcata. Non era semplice carta: tra le ali e la punta si poteva riuscire a leggere:
“my affections and wishes have not changed, but one word from you will silence me forever”. Era stata sua nonna a dirle di regalare al vento pagine di libri, la stessa nonna che le aveva dato quel nome. “Vola Windy, vola lontano” le diceva dolce e sorridente. Così il vento era diventato suo alleato: anche quando diventava freddo e tagliente, per lei era sempre una compagnia molto preziosa. Spesso le sembrava che fosse proprio il vento del mattino a suggerirle il libro da far volare, insinuandosi dalla finestra nella sua libreria.
Quando sentì i marinai salutare AneJane, capì che ancora una volta il vento le aveva suggerito il libro giusto. Rapidamente prese Marsì, la sua gattina selvatica e la infilò, assieme all’erbario e alla penna d’oca, nella grande tasca del vestito. Corse incontro a quella straniera che le pareva di conoscere da sempre con tanto entusiasmo che nella fretta perse perfino uno dei suoi stivali rossi da pioggia. AneJane la guardò e, con una facilità che sorprese entrambe, si abbracciarono. Una voce nel vento sembrava sussurare ad entrambe che avevano aspettato e viaggiato per arrivare proprio lì, in quel preciso momento. Iniziarono subito a chiacchierare, senza mai una pausa imbarazzata nei loro racconti. Quando entrarono nel primo rorbu per prendere un tè si sentivano già amiche. Per questo Windy prese coraggio e rivelò ad AneJane il grande progetto a cui stava lavorando da anni.
Arrivata a casa di Windy, AneJane non poteva credere ai suoi occhi: lei che pensava che non ci fosse nulla di meglio di una nave dovette ricredersi. Quella mongolfiera costruita con le pagine di migliaia di libri era la cosa più incredibile che avesse mai visto.
Non fu facile per Windy e AneJane aspettare il vento giusto per partire, ma quelle settimane di attesa furono indispensabili per capire che aspettare non significa rimanere in sospeso, ma accarezzare anche nelle cose di tutti i giorni quel sogno che si sentivano addosso fin da quando erano nate. E poi in quelle settimane AneJane imparò da Windy a riconoscere e usare le erbe spontanee delle Lofoten: scoprì il gusto degli infusi e la bellezza di un tramonto in compagnia. Windy invece passò dalle pieghe sulla carta ai nodi, e si accorse che quella sua terra che un po’ dava per scontata era ancora più bella se vista dagli occhi di qualcuno che la guardava per la prima volta.
Ora le giornate erano fitte di incontri e scoperte, e la vita di tutti i giorni non le sembrava più noiosa o estranea. Insieme studiarono le carte e decisero la rotta che le avrebbe portate verso il Centro America. Quando il vento cambiò prepararono in fretta gli zaini, fecero salire a bordo la gattina Marsì e salutarono le isole, le case e i loro abitanti, un po’ malinconiche ma allo stesso tempo felici e pronte a realizzare quell’impresa per cui si sentivano chiamate. Mentre la mongolfiera fatta di storie da raccontare proseguiva la sua salita capirono che è proprio così che si ama la vita. Solo guardando le cose da lontano, senza poterle afferrare o possedere, si capisce il vero valore del bene, che è totalmente gratuito.
Ane Jane e Windy hanno una storia avventurosa , la loro strada si incrocia per sintonia di desideri e il loro viaggio insieme è l’occasione per loro di scoprire chi sono e cosa desiderano dalla loro vita e dal loro tempo. Non hanno paura di lasciare la strada tracciata e di dedicarsi totalmente a questa scoperta.
Ane Jane e Windy qui nel Myselfie Cottage sono la possibilità di ritrovare l’ispirazione, di dedicarsi alla creatività “fine a se stessa” e di coltivare le relazioni che ci entusiasmano.
Se quello che cerchi è questa possibilità di ritrovare l’ispirazione, la semplicità delle piccole cose, il tuo tempo libero e la creatività allora sei nel posto giusto.