Questo post è la trascrizione di una Newsletter inviata ai miei iscritti a febbraio di quest’anno.
In questo periodo sono capitati un paio di fatti che mi hanno costretto a riflettere molto sulla complessità del lavoro e quindi a chiarire ancora di più io dove voglio arrivare.
Cambiamenti e lamentele
Di recente sono cambiate molte cose su Instagram e questo per me ha significato aggiornare il mio corso online con le novità (nuove revisioni e nuove lezioni) e fare un affondo su quello che al momento sembra essere il grande nemico di tutti: l’algoritmo, ovvero quel meccanismo che regola la distribuzione dei post e la loro maggiore/minore visualizzazione. Al di là delle questioni tecniche mi sono accorta che l’allarmismo generale e il conseguente clima di lamentela nei confronti di Instagram mi sta molto stretto perché mi pare che ci sia un atteggiamento di eccessiva pretesa nei confronti di un mezzo; è come se ci aspettassimo che lui faccia esattamente quello che vogliamo senza chiederci se effettivamente noi stiamo facendo le cose come si deve (e cioè con criterio e consapevolezza) ecco perché sono molto contenta di fare un passo in più nei prossimi corsi (sia live che online), un passo necessario per capire che il vero lavoro parte da noi, non lo dobbiamo pretendere dal canale che utilizziamo.
E’ solo questione di numeri?
Il secondo episodio che mi ha fatto riflettere è un po’ legato a questo. Un paio di giorni fa, nelle mie Stories stavo spiegando che – dopo un Question Time su Instagram fatto nei giorni precedenti – ho intenzione di fare un IGLive per chiarire i macro argomenti emersi dalle domande e di preparare un PDF scaricabile con tutte le risposte. Tra i vari messaggi bellissimi che ricevo sempre in direct, ne ho ricevuto uno che sostanzialmente mi diceva che non ho i numeri per parlare di Instagram con cognizione di causa. Al di là dei modi e di tutte le riflessioni legate alle critiche, ho proprio pensato che invece è proprio per questa ragione che parlo di Instagram, che non mi stanco di studiare, che rischio dei giudizi e dei metodi sapendo che potrei doverli correggere: lo faccio perché, al di là dei miei numeri esigui, ho qualcosa da dire e voglio fermamente cambiare questa mentalità contorta che riduce il nostro valore e il valore del nostro lavoro ad un numero e che ci convince che la nostra unità di misura sia fatta di K-followers. Quante volte siamo noi stessi a pensarlo?
Ecco credo che sia necessario ogni tanto, soprattutto quando il peso dei numeri ci condiziona, farsi una domanda: qual è la mia unità di misura? Pensiamoci perché secondo me questa è la vera chiave per lavorare e vivere con una nuova serenità.