Credo di poter contare sulle dita di una mano le volte in cui ho detto “ti amo”; ho una fortissima resistenza ad utilizzare queste due parole tanto che faccio anche fatica a scriverle. Non so perché, credo dipenda dalla mia allergia al romanticismo e dalla quantità di volte che l’ho sentito pronunciare e poi smentire.
Sono fatta così, più una cosa viene utilizzata, più io me ne allontano. Ho come la sensazione che se utilizzo troppo una parola rischio di sciuparla, svuotarla, fraintenderla, darla per scontata e così ho bisogno di cercare altri modi per dire la stessa cosa. Non è facile trovare parole che abbiano il peso di un “ti amo” , parole concrete che ne dicano tutta la densità, la consistenza ma io credo di averne trovata una che ci assomiglia tantissimo:
SCUSA
“Scusa” è una relazione, “Scusa”lascia spazio, “Scusa”si fa da parte, “Scusa”rende liberi, “Scusa” fa tornare bambini, “Scusa” chiede di guardarsi, “Scusa” fa tornare a casa, “Scusa” non si preoccupa delle lacrime, “Scusa” non si preoccupa dell’aspetto e della forma, “Scusa” accoglie, abbraccia e si lascia abbracciare “Scusa”ammette di dipendere e di non bastarsi. “Scusa” è totale affermazione dell’altro.
E allora Calda, dopo 8 anni (che poi sono 16), per i giorni passati e quelli che verranno SCUSA, per gli errori piccoli e per quelli grandi, tu sei l’abbraccio da cui so di poter tornare, sempre. Il primo segno di quell’Abbraccio più grande che perdona, sempre.
Ora la tradizione vuole che in queste ricorrenze ci si dedichi canzoni, e allora lascio cantare loro che mi trovano sempre d’accordo: