Sabato sera stavo leggendo il Signore degli Anelli in attesa che rientrasse mio marito dal lavoro, quando mi è arrivato un whatsapp di un’amica che mi diceva di andare sul profilo di 1924us a vedere l’ultimo post (quando leggerete questo post il suo profilo Instagram non ci sarà più). Seguo Christian Watson da quando ho aperto il mio account su Instagram e per me lui è sempre stato l’esempio da ammirare per la sua capacità di fare personal branding attraverso Instagram (Vi metto degli screenshot del suo profilo per farvi capire la sua bravura – tutte le immagini sono di proprietà di Christian Watson)
Immaginatevi lo shock quando ho letto il suo post di addio ad Instagram.
Vi scrivo una pseudo traduzione della didascalia così è più semplice per tutti (ci sono sicuramente errori, ma pur capendolo perfettamente, non traduco dall’inglese da anni, portate pazienza):
“Negli ultimi anni grazie a questo strumento che chiamiamo Instagram ho avuto la possibilità di vivere grandi opportunità e viaggi in giro per il mondo. Nel bel mezzo di tutta quella fortuna, ho fatto del mio meglio per condividere i miei pensieri, sentimenti e storie con tutti voi. Ma arrivato a questo punto ora, mi rendo conto di quanto tempo ho speso focalizzandomi su questo piccolo strumento invece che sul grande progetto della mia vita, e sul cercare di migliorarmi. Ho tenuto nascosta la mia mascolinitá mascherandola con la ricchezza dei miei viaggi e con il successo che ci porta l’essere relativamente conosciuti nel mondo. Ho sbagliato sotto tantissimi aspetti e ho speso anni perfezionando un’identitá che non era quello che sono realmente. Mi è piaciuto tantissimo condividere con voi, ma l’ho fatto per sentirmi in qualche modo valorizzato, piuttosto che per offrire un aiuto con un cuore puro. Il peso di tutto questo mi ha raggiunto e ho speso molto tempo discutendone e chiedendo agli amici cosa pensassero: la conclusione é che viene dato troppo peso ai social media, alle troppe condivisioni apatiche e non ho dato abbastanza tempo alla vita di tutti i giorni. Io e Elle [ndr. ElleMay, la sua fidanzata] continueremo a lavorare, ancora di più ora che ho deciso di fare un passo per essere un buon partner e un forte uomo di Dio nella sua vita [ndr. dovrebbero sposarsi tra qualche tempo]. Questo significa sacrificare false descrizioni di sè – e questa é una di quelle. Continuerò il progetto 1924 ma in un modo molto più genuino, non costruito come una porzione di Instagram. Sto lavorando ancora sodo per tutti i nostri clienti e le mie capacità artistiche, di design, di scrittura e fotografiche saranno ancora visibili a tutti voi sul nostro sito www.1924.us. Vorrei dire un’ultima cosa ed é un grande grazie a tutti voi, amici e familiari che mi avete aiutato a costruire tutto questo. Continuerò ad amarvi molto, ma in un modo più vero che non sono ancora riuscito a raggiungere. Quindi se volete rimanere in contattato scriveteci a info@1924us.
Non siamo definiti da questo blocco di immagini e video che passiamo il tempo a curare, l’ho detto prima, ma ora andrò a vivere là fuori, cosa che avrei dovuto fare molto tempo fa.
L’avventura continua.”
Siamo tutti Christian Watson?
Sì è no. Quando ho letto il post ho ammirato moltissimo il coraggio di mollare un canale che fino ad oggi è stato prioritario per la sua attivitá (certo è più facile per uno che ha i suoi contatti, ma neanche tanto considerando il senso di potere che danno quei 605K in cima al profilo), ma soprattutto ho ammirato l’onestá di ammettere che, quello che era solo un mezzo, nel tempo si è sostituito alla vita diventando lo specchio da cui guardarsi ogni giorno e da cui giudicarsi più o meno all’altezza di quella immgine.
Devo ammettere che però, pur capendo e trovando conferma del grande rischio che c’é nell’utilizzo di questo strumento, io non mi sono riconsosciuta nelle parole di Christian. Lui afferma che di fatto ha costruito un racconto a priori, prescindendo da quello che lui é davvero e questo é proprio quello che io voglio combattere.
E possibile non cadere nella trappola della finzione?
Sì, solo ad una condizione: dando priorità alla nostra vita offline piuttosto che alla condivisione online e mantenendo il controllo di quello che abbiamo tra le mani. Dare priorità alla vita offline significa chiederci tutte le volte come desideriamo passare il nostro tempo, quali sono le prioritá della nostra giornata e della nostra vita, proteggere i nostri figli da una vita sovraesposta, ridare il giusto peso agli strumenti e ai dispositivi, trovare un luogo, uno spazio e un tempo per il cellulare e lasciarlo fuori dalla nostra vita in tutti gli altri spazi e momenti, fare foto per ricordare e non necessariamente per condividere e soprattutto impegnare tutta la nostra vita per una solo grande progetto: capire davvero chi siamo e che senso hanno le nostre giornate. Solo in questo modo il lavoro che facciamo online, su Instagram in particolare, non sarà una finzione in cui auto-intrappolarsi, ma una traduzione della nostra vita in una forma interessante e affascinante per gli altri.
A questo serve un profilo Instagram curato: a raccontarci per davvero usando immagini e parole che ci descrivano fino in fondo.
L’unica cosa che mi interessa costruire è la mia vita, non un’immagine di essa.
Quanto più sarò seria con questo desiderio tanto più le forme espressive che sceglierò saranno un riflesso di questa vita così amata e così mia.
Il problema non sono i mezzi, ma come noi decidiamo di usarli.
P.s. per la cronaca Christian ha lasciato Instagram e ha riniziato a scrivere sul blog (per tornare a quello che dicevamo un paio di post fa). Io continuo a seguirlo lì.