Come molti di voi sanno, a ottobre dello scorso anno ho scoperto di aspettare un bimbo e quasi contestualmente la situazione si è parecchio incasinata per un problema fisico che mi ha costretta a totale riposo e senza la minima possibilità di sapere come sarebbe andata a finire. Quello che era certo è che dovevo fermarmi e non fare più nulla che implicasse l’utilizzo del mio corpo se non per il minimo indispensabile. Fortunatamente Cindy aveva fatto il grosso del lavoro dell’anno e le consulenze mi hanno permesso di lavorare – molto lentamente – da una nuova postazione (il divano).
Il fatto che dal punto di vista economico non ci fossero grosse problematiche non significa però che la situazione non abbia inciso sul mio lavoro, perché così non è stato; ho passato gli ultimi mesi senza pianificare nulla e questo ha portato a due conseguenze:
- ho gestito la mia comunicazione “a braccio” senza obiettivi precisi, ma “solo” per mantenere viva la mia presenza. I miei canali (Instagram in particolare) hanno subito un rallentamento nella crescita.
- le vendite sono diminuite/cessate (soprattutto nel caso dei corsi Live che avevo in programma)
- Ho accumulato parecchio lavoro gestionale che si è riversato sull’inizio di quest’anno
- Per il timore di non riuscire a ripartire, ho accettato un lavoro con un azienda (fortunatamente piccolo) per cui a mente lucida avrei detto no.
Come ho detto, avevo lavorato molto bene nella prima parte dell’anno e quindi avevo un buon margine su cui contare sia dal punto di vista del brand che del fatturato, ma è stato evidente che continuare a lavorare in quel modo non avrebbe portato molti e buoni frutti.
Le critiche alla pianificazione (e perché non le condivido)
A gennaio si fa un gran parlare di planning, pianificazione, calendari, agende e cartoleria annessa, e, accanto a chi pianifica l’anno e suggerisce di farlo (come la sottoscritta), c’è chi muove alcune critiche che però a mio parere sono frutto di una concezione distorta del termine “pianificazione”.
Quando si parla di pianificazione, obbiettivi, risultati, marketing ecc.. spesso si commette l’errore di associare queste parole all’idea del “voler fare soldi”. A parte il fatto che a me questa storia che i soldi sono il male del mondo ha un po’ stufato, perché i soldi sono uno strumento e come tale dipende da come lo si usa, ma il fraintendimento sta proprio nel ridurre la pianificazione ad un mero interesse economico, quando invece ogni giorno senza accorgercene usiamo la pianificazione per vivere (guardiamo il meteo per decidere come vestirci, organizziamo in anticipo le ferie per avere migliori occasioni, spendiamo e risparmiamo tenendo conto delle spese fisse che normalmente abbiamo, facciamo la spesa avendo in mente la nostra settimana…).
Ecco perché bisogna imparare a guardare e trattare la pianificazione per quello che è: uno strumento al nostro servizio in grado di farci ottenere risultati che non hanno a che fare solo con i soldi, ma soprattutto con la crescita complessiva della nostra attività.
Per entrare più nel merito delle critiche vi riporto quelle più comuni e vi propongo una visione “alternativa”:
- Pianificare è angosciante e non ti permette di vivere il “qui e ora”. Nella mia esperienza è proprio il contrario. Qui e ora non significa vivere slegati da un contesto temporale fatto di prima e dopo, ma avere mente e cuore concentrati su quello che si sta facendo. E’ proprio sapendo quello che devo fare ora (perché l’ho messo in programma) che posso liberarmi dall’ansia “oddio oggi cosa devo fare?? oddio domani volevo lanciare un nuovo prodotto e sono in ritardo”, “oddio perché ho accettato questo lavoro che mi fa schifo, “qui lavorano tutti e io no”.
- Pianificare distrugge la spontaneità e il divertimento. Non mi stancherò mai di ripetere che c’è una grande differenza tra spontaneo e istintivo e che si può essere spontanei, commuoventi/divertenti/appassionati anche recitando un discorso preparato con mesi di anticipo. La spontaneità ha a che fare con la propria identità con il mettere noi stessi e i nostri valori in quello che facciamo ed è proprio lavorando con cura e in anticipo a certi passi che abbiamo la possibilità di mettere tutta la nostra spontaneità.
- Pianificare è anti-naturale perché la vita è fatta di imprevisti. Che la vita sia fatta di imprevisti è evidente, ma questo non significa non adoperarsi per farsi trovare preparati nell’eventualità dovessero accadere. Chiedete ad un agricoltore se non fa di tutto per variare la produzione, se non tiene conto delle stagioni (lavorando in anticipo per farsi trovare pronto) e per dosare prodotti privi di grossi rischi e prodotti “innovativi” o più rischiosi per non fregarsi con le sue stesse mani. Certo, gli imprevisti ci saranno comunque, ma farsi trovare pronti significa avere un piano B o un piano A talmente funzionante da non morire o vedersi costretti a chiudere un’attività.
- Pianificare non fa per me, io sono uno spirito libero. Ogni attività è un mondo a sé e ciascuno giustamente decide quale strada percorrere. Se uno riesce ad avere un’attività sana, longeva, su cui contare e che gli permette di vivere serenamente anche vivendo alla giornata, buon per lui. Nel mio caso non è così e al prossimo punto vi spiego perché ho deciso che pianificare è uno strumento di cui non posso fare a meno se voglio continuare a fare questo lavoro (e questa vita).
Perché pianifico: me lo dice l’esperienza
Ho desiderato chiamare “lavoro” questa attività nel 2015 quando, dopo un anno di p.iva, ho iniziato ad investire nei primi corsi di formazione e ho deciso che volevo mettercela tutta. Questo significava non solo crederci o sognare, ma rimboccarsi le maniche e capire cosa vuol dire davvero far funzionare e chiamare “lavoro” un’attività fatta da casa e da sola.
Mi sono sempre cercata materiale di studio online e gratuito, ma ho sempre pensato che per imparare davvero ci vogliono dei maestri da seguire, da cui apprendere un metodo per farlo proprio. Alcuni di quei maestri dell’inizio sono tutt’ora il mio punto di riferimento perché in loro ho trovato da subito la passione, la competenza e la professionalità che desideravo per me. Sebbene siano molto diversi tra di loro, i miei maestri hanno tutti una cosa in comune: pianificano il loro lavoro. E siccome ritengo che seguire l’esempio di qualcuno non significa semplicemente dire “ah come vorrei essere te”, ma rifare i passi che questa persona fa per capire se e come sono adatti a noi, dal 2015 pianifico il mio lavoro, ogni anno approfondendo sempre di più cosa significa e come farlo meglio.
E sapete l’esito di questa “sequela” cosa è stato? Quello che aveva l’aspetto di un semplice e rischioso investimento è diventato il mio lavoro permettendomi di contribuire dignitosamente al sostentamento della mia famiglia e di fare la vita che desidero.
Cosa è cambiato in particolare:
- Il mio lavoro è migliorato nella forma e nell’aspetto permettendomi di crescere come figura professionale e offrendomi nuove strade lavorative da percorrere;
- ho imparato a conoscere meglio la mia attività, le sue variabili, le sue caratteristiche, la sua stagionalità e a muovermi di conseguenza;
- ho imparato ad essere reattiva davanti ai fallimenti o agli ostacoli di percorso (quando hai chiaro l’obiettivo cerchi altre strade per raggiungerlo o ti fai delle domande sulla sua reale fattibilità);
- ho imparato ad essere dinamica e creativa e ad abbracciare la fluidità del mio percorso;
- ho capito (e ora devo metterlo in pratica) che è necessario prevenire gli imprevisti, lavorando con un certo anticipo e ipotizzando piani alternativi quando la situazione è tranquilla;
- Sto imparando a darmi obiettivi a lungo, medio, breve e brevissimo termine per lavorare in modo ordinato e per poter misurare (in termini quantitativi e qualitativi) i risultati ottenuti;
- Sto imparando a guardare con una certa dose di razionalità e buonsenso gli obiettivi non raggiunti;
- Ho uno stipendio dignitoso, ma soprattutto adatto alle nostre esigenze familiari;
- Ho finalmente trovato l’armonia vita-lavoro che desideravo da sempre.
Certo, per fare tutti questi passi è stato necessario metterci anche intuito, talento, coraggio, impegno, determinazione, tempo ecc.., ma tutto questo ha avuto bisogno di essere ordinato e incanalato attraverso la pianificazione, altrimenti si sarebbe disperso.
C’è una cosa che secondo me è il vero problema della pianificazione: è faticosa. Pianificare richiede tempo e studio, voglia di mettersi in discussione e di rischiare, di approfondire, di sbagliare e ripartire.
Sì, pianificare costa davvero fatica.
Un po’ come succede per tutte le cose che fanno diventare grandi.
p.s. se la domande successiva è “ma tu come pianifichi?” ci sentiamo nel prossimo post