Tra le millemila cose che ho fatto nella mia vita lavorativa, all’inizio della mia p.iva ho avuto una bellissima parentesi come insegnante. Ero tutor di inglese e spagnolo in un centro di aiuto allo studio dove dedicavo il mio pomeriggio a ragazzi che avevano lasciato la voglia di studiare là da qualche parte, sotto tutta una serie di altri problemi e disagi.
Ho amato molto quel lavoro non tanto per i risultati che riuscivano ad ottenere i ragazzi, quanto per quello che i fallimenti, la fatica le difficoltà (e i rapporti inaspettati) mi hanno insegnato aggiungendo un pezzetto alla consapevolezza di quello che sono. C’erano giorni in cui mi chiedevo “ma chi me lo fa fare? Tanto non gli interessa! Hanno mille casini nella vita, vuoi che gli importi della scuola”, ma più mi relazionavo con loro, più mi rendevo conto di quanto fossimo simili: nonostante le vite, le età e le scelte diverse, ci accomunava lo stesso bisogno di essere felici, di essere voluti bene, di trovare un senso nel casino della vita di tutti i giorni. Valeva la pena stare con loro perché mi aiutavano a capire meglio chi ero io.
Mi è ritornato alla mente quel periodo perché ultimamente ho sperimentato una certa frustrazione nel vedere che si stanno diffondendo a macchia d’olio (e alla luce del sole) alcune pratiche per aggirare l’algoritmo di Instagram e far crescere il profilo in breve tempo rendendo i contenuti che pubblichiamo “virali”. Prima c’erano i Bot (programmi che, agganciati al profilo di un utente, fanno alcune operazioni in automatico come mettere like, commentare e seguire persone per farsi notare e aumentare di conseguenza il proprio seguito), oggi invece l’ultima frontiera del “ti piace vincere facile” sono i POD: gruppi di persone appartenenti alla stessa nicchia di interessi che si aggregano su vari canali (i più frequenti sono Whatsapp e Telegram) per scambiarsi like e commenti ai post in modo tale da aumentare il tasso di interazione. Questo permette di ingannare l’algoritmo di Instagram facendogli credere che il nostro contenuto piace ad un sacco di gente e quindi è rilevante, aumentando (forse) la probabilità che questo venga inserito nella tab esplora o addirittura di trasformarci in (finti) “Influencer” interessanti per i brand. (per approfondire vi lascio il link a un articolo che ho apprezzato molto.)
Quando ho scoperto questo metodo mi ha colto un senso di sconcerto misto a tristezza, delusione e rabbia (sì lo so dovrei essere meno PollyAnna), ma non avete idea della sorpresa nel constatare che ci sono persone autorevoli e stimabili (da me non più) che consigliano ed elogiano questa geniale possibilità.
Il fatto che ci siano soggetti (molti!) che preferiscono spendere il loro tempo in questi giochetti piuttosto che preoccuparsi di dialogare con i followers, di creare contenuti interessanti per loro, di offrire un tipo di racconto visivo profondamente creativo e significativo, mi ha fatto riflettere tantissimo sulla professionista (ma anche sulla donna e la madre) che voglio essere. Io che non perdo occasione di martellare sull’importanza della propria identità, del dialogo con i followers, della scelta di testi e foto adatte ecc.. mi ritrovo in mezzo a un ambiente che sceglie sempre di più la finzione, la tattica e lo stratagemma pur di veder aumentare quei cuoricini sotto le foto.
Ed eccomi qui, ancora una volta come davanti ai ragazzi del centro di aiuto allo studio a chiedermi se valga la pena combattere contro i mulini a vento (perché quando saranno passati anche i POD ci sarà un’altra trovata ancora più furba) e ancora una volta mi ritrovo a rispondere sì, perché ancora una volta il punto della questione è scoprire attraverso un lavoro faticoso, lento, ma ben fatto chi sono io, cosa mi interessa, cosa so fare e che tipo di donna sto facendo crescere. Don Chisciotte ha lottato contro i mulini a vento non per sconfiggerli, ma per tornare in sé, per capire chi fosse, per conoscersi davvero. Ho deciso di rimettermi a insegnare (questa volta niente più inglese e spagnolo) per questo: per combattere contro i mulini a vento, ma non per loro. Prima di tutto per me, per educarmi all’impegno, alla fatica e quindi alla grandezza.
Per essere orgogliosamente e contemporaneamente Rita e @mys.cottage
Se ai bot, ai pod e alla rava e la fava preferite questo tipo di percorso io vi aspetto a braccia aperte ad uno dei miei workshop (c’è finalmente la data di Torino) che, guarda caso, è ispirato a Dorothea Lange, una che non faceva giochetti, ma si mischiava con la gente, la guardava, la capiva, creando capolavori indimenticabili.