Se c’è una cosa che una delle mie sorelle non ha mai sopportato di me durante la nostra adolescenza era la capacità di astenermi da certe discussioni con i miei genitori. Credo che in cuor suo pensasse che ero un’ignava, una di quelle che se ne sta sulle sue per convenienza. in realtà la ragione era un’altra: se non pensavo ci fosse spazio di discussione evitavo di sprecare tempo ed energie (poi nel tempo l’ha capito anche lei ;-))
Durante i mesi di maternità mi sono ritrovata moltissime volte a chiedermi se pubblicare o meno certe foto o entrare nel merito di certi temi (quelli caldissimi legati alla maternità) e la maggior parte delle volte la risposta è stata “no, lascia perdere” e questa scelta è sempre stata dettata da una domanda: “a cosa serve?”
Personale quanto basta (a me)
In questi mesi, la scelta di utilizzare Instagram con una forma più personale era dovuta a due considerazioni: la prima è legata al fatto che Instagram mi piace, ma lo uso per lavoro quindi avevo comunque desiderio e bisogno di non chiudere questo canale, la seconda era quella di darmi un po’ di respiro e sperimentare una forma nuova, che fosse meno “didattica” e più “show, don’t tell” (forma che mi piace moltissimo e che continuerò ad utilizzare).
In questa scelta ci sono state tante altre piccole scelte come ad esempio quella di fotografare i miei figli senza però fare video frontali in cui loro partecipassero alla conversazione, raccontare le nostre giornate senza che il telefono diventasse però una presenza invadente, portarmi il cellulare durante escursioni e gite ma evitare di tenerlo in tasca, fotografare Olivia solo in determinate situazioni e momenti ecc… Non c’è nessun giudizio in queste scelte, si trattava solo di scegliere cosa fosse giusto per me, e per la mia famiglia.
Non voglio perdere tempo
Negli scorsi mesi mi è capitato più volte di pubblicare foto di Olivia che dorme a pancia in giù, semplicemente perché lei dorme così. Chi ha esperienza di maternità sa che le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sconsigliano questa posizione per tutta una serie di ragioni. Consapevole delle critiche che sarebbero arrivate (e ne sono arrivate) ho deciso ugualmente di pubblicare alcune foto, ma ho scelto di non entrare nel merito della discussione perché in cuor mio sapevo che sarebbe stata una perdita di tempo: io, da parte mia non avevo interesse a cambiare l’opinione di chi stava dall’altra parte e avevo già più volte verificato che nel nostro caso andava bene che Olivia dormisse così. Ecco qui la ragione della mia astensione o chiusura rispetto a certi argomenti online: se da entrambe le parti non c’è spazio o desiderio di cambiamento, la conversazione per quanto mi riguarda è una perdita di tempo, non serve.
(Non lo facevo durante le autogestioni a scuola, figurarsi se ho tempo e voglia di farlo ora che sono ancora più consapevole del valore del mio tempo.)
Ci vogliamo bene lo stesso
Avete presente quei carissimi amici, ma amici veri con cui andate d’amore e d’accordo finché non si parla di politica? Ecco io ho imparato che per godermi la loro presenza è meglio evitare certi argomenti semplicemente nella consapevolezza che siamo diversi e che va bene così, non è obbligatorio che l’altro cambi opinione perché io gli voglia bene o lo reputi un vero amico, la base della relazione non è l’essere d’accordo su tutto, ma solo sulle cose fondamentali (che sono pochissime!). Ecco, per me nelle relazioni online vale la stessa cosa: se so di poter costruire qualcosa entrando nel merito di un certo tema allora lo faccio, se invece sono consapevole di non poterlo fare evito la discussione e abbraccio silenziosamente la diversità senza per questo mettere in discussione il valore della relazione.
Quando mi capita di leggere discussioni infiammate provo a guardarle da lontano e la domanda che sorge spontanea è sempre e solo una: da cosa nasce questa discussione, dal vero desiderio di bene per l’altro oppure dal desiderio di affermare la propria idea? Ecco, nelle conversazioni online (ma forse anche offline) la seconda ipotesi è la più frequente e allora io lì non entro, preferisco affermare quello che penso con delicatezza, raccontando di me avendo cura di non contrappormi a teorie o giudizi, perché quello che conta è la vita, non le idee che abbiamo su di essa.