In casa mia, cascasse il mondo, il caffè lo fa mio marito; io non lo so fare, non perché davvero non ne sia in grado (penso ci voglia solo un po’ di pratica), ma ho deciso che non voglio imparare a farlo, desidero semplicemente che me lo faccia lui.
Faccio (e disfo) da sola da quando ho iniziato l’avventura di questo blog. Non fraintendetemi, non dico che sono arrivata a questo punto solo per merito mio (tutt’altro), ma mi sono costruita un lavoro chiedendo sempre il meno possibile agli altri e usando tutto il tempo “libero” che ho a disposizione per poter fare da sola. Credo che questo dipenda dalla mia indole solitaria – nonostante io abbia cinque fratelli, vari amici, un marito e tre figli – e da un alto tasso di nevrosi che caratterizza il mio modo di fare le cose. Tra l’avere un’idea, pensarci su per capire se ha senso e mettermi all’opera non è mai passato molto tempo (al massimo qualche giorno). Non perdo occasione di fare corsi per potermi migliorare, della serie “la donna che non deve chiedere mai”, peccato che per quanto io cresca, c’è sempre qualcosa che non so fare. Bella scoperta direte voi! E’ vero, ma dire “faccio io” è molto più facile perché, anche se affatica, dopo tutto i conti li devi fare solo con te stessa e quindi il ritmo lo decidi tu.
Peccato che la vita sia un’altra cosa, e guarda caso mi sono accorta che, delle volte, a dipendere ci si guadagna.
Ci si guadagna in cura per i dettagli, perché se di un particolare se ne occupa una persona abile, per quanto ci tocchi aspettare i suoi tempi, il risultato sarà sorprendente;
Ci si guadagna in cura per le cose che NOI sappiamo fare meglio, perché non dobbiamo preoccuparci del resto;
Ci si guadagna in tempo libero e in occasioni per fare cose nuove o abbandonate per mancanza di tempo (tipo, io settimana scorsa ho fatto una torta e letto qualche pagina di un libro! Roba da fare piovere per sempre)
Ci si guadagna in possibilità di elogiare un dettaglio del nostro lavoro, senza sembrare presuntuose proprio perché non l’abbiamo fatto noi – questo è un problema che ho io, non vale per tutti 😉 (Quanto è bello il logo del Myselfie Cottage?? Quanto vi ha conquistato la bellezza dell’illustrazione di Valentina? Già, NON LI HO FATTO IO e sono WOW!!)
Ci si guadagna in diversità e bellezza, perché il rischio di diventare monotone e autoreferenziali è sempre dietro l’angolo;
Ci si guadagna in umiltà;
Ci si guadagna in realismo e gratitudine, perché possiamo anche fare le spaccone, ma guarda caso la nostra vita dipende da altro: Dio, la Scienza, il Cosmo, Buddha … ? Sta di fatto che, non so voi, ma io non riesco ad autoprodurre il mio respiro o il battito del mio cuore. Non mi sveglio al mattino perché lo decido io e i miei figli, mio marito le persone a me care non si svegliano, respirano o vivono per merito mio. E quindi io li guardo stupita (e, per quanto mi riguarda, ringrazio Dio).
Cosa si sacrifica? Soldi (che però chiamerei investimento), iper-controllo, indipendenza e scuse per non avere cura di sé (questa sono io!), degli altri e delle cose.
Ho scoperto che vale la pena fare questo sacrificio e mi sembra che tutto sia più bello, che funzioni meglio, che abbia più sapore. Mi sembra che questa dipendenza generi bellezza, più di quella che io sarei in grado di generare da sola, con le mie sole forze. Dipendere mi rende lieta, più lieta.
Il Myselfie Cottage sta diventando bellissimo perché non è frutto delle mie sole forze, ma di un insieme di persone che fanno le cose con cura!
Io ne sono semplicemente la custode e questo è davvero liberante!
NOTA BENE: il caffè “servito” è quello che continua ad educarmi a chiedere e a dipendere.
Buona giornata!
P.S. nelle foto qui sopra potete vedere gli schizzi delle mitiche sorelle Pemberley Pond che hanno lavorato ai miei loghi (In questo post le raccontano un po’ quello che per loro significa lavorare ad un logo) e poi c’è Laura Cortinovis che sta lavorando alle tavole per i prodotti del Myselfie Cottage