Devo ammettere che Cindy, il mio corso online su Instagram, è stata un’occasione eccezionale non solo per voi, ma anche per me. A 3 giorni dal suo lancio, mi ha fatto raggiungere gli obiettivi di fatturato di tre mesi e tra luglio e agosto sono quasi giunta all’obiettivo che mi ero data per la fine del 2017. A parte finalmente raccogliere i frutti di una semina che è durata parecchi anni e durissimo lavoro (ma è stata una scelta quindi non mi lamento affatto), Cindy, come una vera assistente, mi ha permesso di vivere questi due mesi estivi dedicandomi a quello che la mia realtà familiare chiedeva: stare a casa con i bambini, senza ansia di dover fatturare, senza nervoso per le mille interruzioni, senza proteste per gli imprevisti.
Questo tempo in un certo senso libero (che non vuol dire senza lavoro perché sto scrivendo questo post alle 7 di un lunedì mattina, mentre tutti dormono), mi ha dato la possibilità di riscoprire uno spazio che da tempo non era più mio e soprattutto di abbracciare una vita e una Rita (scusate le rima) che erano diventate sfuggenti e distratte coinquiline. Ormai mi conoscete, sono una tipa parecchio riflessiva e introversa quindi non ho difficoltà a stare con me stessa, ma avevo un modo di farmi compagnia sempre e costantemente legato al lavoro, al “devo fare questo e questo, devo scrivere questo e questo, devo fotografare così e cosà”. Ritrovarsi con la possibilità di lasciare chiuso il PC per tutto il giorno è stata una circostanza salvifica, perché avevo la possibilità finalmente di fare quello che volevo, di guardare fino in fondo i miei desideri.
Volevo una casa nuova
Ho passato mesi e mesi lamentandomi della mia casa, della sua bruttezza, della mancanza di luce, della polvere, del disordine, dei peli di gatto della cucina piccola.. ho passato mesi pensando di aver bisogno di un’altra casa che rendesse piacevole lo stare per tutto il giorno tra quelle mura e rendesse più facile anche il mio lavoro di racconto su Instagram (perché non è facile raccontare un “Cottage-Interiore” quando il luogo dove vivi ti rema contro)
#IlCottagechevorrei
Ho passato l’ultimo anno a raccogliere e pubblicare su Instagram ogni settimana foto che mi aiutassero a riempire quei vuoti di contenuto lasciati da casa mia. Ho trovato verande luminose, angoli di città, piante rigogliose, boschi selvatici, immagini botaniche, vestiti romantici che in qualche modo mi aiutavano ad esplicitare quello che desideravo e che non avevo. La cosa bella è stata che mentre mettevo a fuoco #ilcottagechevorrei, in qualche modo l’occhio ha iniziato ad educarsi ad una bellezza che poteva essere “praticabile” e non solo “desiderabile”.
Un post e un libro illuminanti
Ho sempre pensato che la scelta di una casa (dal punto di vista degli spazi e dell’arredo) dovesse essere dettata dalla consapevolezza dello stile che ci piace e questo l’ho sempre sentito come un grande limite perché io di stile di case non capisco nulla (sì lo so faccio parte del team di blogger di CasaFacile, ma non per la mia competenza come design di interni). Poi mi è capitato davanti agli occhi un post di Enrica Paz Garden (lei sì che invece di design ne sa a pacchi) che parlava di un modo di vivere e arredare la casa che non avevo mai sentito e che immediatamente mi ha fatto dire “ecco! Non stile, ma vita, Perfetta-Imperfezione”. Mentre riempivo una bacheca Pinterest lasciandomi guidare da quello che mi piaceva, su Instagram, mi compare nella tab esplora questa foto (come mi conosce l’algoritmo, nessuno mai ;-)):
Approfondisco un attimo, ma capisco che desidero quel libro (proprio oggi Enrica ne ha pubblicata una recensione con molte foto). Lo preordino e attendo con impazienza il suo arrivo.
Un decluttering rigenerante
Mentre divoravo le pagine e le foto del libro di Julie Pointer Adams (Link affiliato), ho capito che prima di ogni altra cosa ho bisogno di riprendere consapevolezza degli spazi e di come voglio stare in quegli spazi. Ho da sempre una forte propensione al silenzio e alla solitudine e con 3 figli la cosa si fa complicata, ma capisco che oltre a ricercare il silenzio bisogna avere uno spazio che lo favorisca. Così ho capito di dover pulire e svuotare gli ambienti, poco per volta, a partire dalla stanza che mi accoglie la sera e mi restituisce al mondo la mattina e cioè la camera da letto.
Nella settimana più calda di quest’estate (mannaggia a me) l’ho ribaltata completamente, ho eliminato quel blu soffocante e rumoroso ricoprendolo di bianco pulito e silenzioso. Non ho mai avuto difficoltà a buttare le cose, ma questa volta ogni viaggio all’ecocentro era come eliminare detriti da uno scavo archeologico (ogni tanto ritorna il mio animo bambino), mio marito la chiama “confessione materiale”, quella in cui ti ritrovi, ti riscopri e la sensazione è proprio quella.
In questo lavoro di scavo non ho ritrovato solo uno spazio, ho ritrovato una “me” abbandonata da tempo di cui sentivo la mancanza e che sto timidamente riabbracciando.
#TheRealMyselfieCottage
La camera da letto è diventata una sorta di sorgente che ha portato acqua fresca in tutta la casa e soprattutto in tutti gli esseri che la abitano. I bambini hanno deciso che potevano fare a meno di alcune cose e che potevano sistemarne delle altre, il Calda che non capiva il perché di quella mia fissa di decluttering e tinteggio, ha utilizzato due giorni di riposo dal suo lavoro per sistemare la cameretta e cambiare finalmente quel tavolo nero.
E’ come nella vita, noi siamo fatti per la bellezza, ma non serve che sia una bellezza complicata, tutt’altro, più è semplice e reale più diventa desiderabile, ricercabile, quotidiana.
Ecco, riparto da qui, da casa mia che finalmente sta diventando espressione di quello che sono, esattamente dov’è – in questa afosa pianura padana – ed esattamente com’è, e cioè una piccola mansarda di condominio esposta a nord.
Cerco la luce, ma sto imparando ad amarne le ombre, i difetti, l’imperfezione.
Quello che ho è già quello di cui ho bisogno.