Sono a riposo da parecchie settimane ormai (per chi non lo sapesse sto affrontando una gravidanza a rischio) e di tempo per riflettere ne ho a pacchi. Ho tempo per pensare a quello che vorrei fare, ma ho anche tempo per dare un’occhiata approfondita a quest’anno, ai grandi successi e ai grandi sbagli.
Faccio molta fatica a soffermarmi sugli sbagli, mi prende una morsa allo stomaco e l’umore cambia improvvisamente e quindi tendo a liberarmi di quel pensiero fastidioso. Solo che così facendo tutte le volte corro il rischio di rifare gli stessi passi e qindi gli stessi errori. Così ho deciso di guardare in faccia gli errori commessi per capirli bene e li condivido con voi perchè forse i miei errori possono essere molto utili a tutti (poi tendiamo ad imparare sempre dai casi di successo, ma secondo me anche gli errori hanno tanto da insegnare).
Ormai sono passati parecchi mesi da quando ho chiuso la cartoleria. Ho avuto tutto il tempo di elaborare la cosa e ho identificato almeno 4 cose che hanno portato al fallimento di quel progetto e che mi devo ricordare di non fare più.
Non dare per scontato di aver capito il tuo target
Ecco, questo è l’errore che forse commettiamo piu spesso, anche nella vita: quello di aver capito chi abbiamo di fronte. Io non so quanti di voi facciano focus sul target tutte le volte che hanno una nuova idea; io delle volte cado nella trappola del “l’ho fatto una volta l’identikit del mio cliente ideale, non lo faccio più”. Eppure, è vero che abbiamo un target generale di riferimento per la nostra attività, ma per ogni offerta è probabile che ci sia un sottoinsieme di quel target. Ad esempio, il mio servizio Vivian è per persone che hanno caratteristiche sovrapponibili al mio target di riferimento, ma sono una parte di quel target che, tra le altre cose, ha una certa disponibilità economica e tempi di studio ridotti. Quando ho pensato alla cartoleria visiva (quella fatta con le mie foto), non mi sono chiesta “a quale bisogno del mio target rispondo? Cosa cerca il mio target in un prodotto di cartoleria?”, ho solo pensato che volevo differenziarmi e l’ho fatto conun prodotto che non era quello che il mio target di acquirenti di cartoleria cercava.
Non confondere i canali e le comunicazioni
All’inizio di quest’anno mi sono data come file rouge del mio lavoro la parola “focus“, che ho tradotto e declinato in vari modi tra cui la ferma convinzione di dover partire da quello che già avevo. L’esito positivo e la grande soddisfazione che mi stava dando il mio profilo Instagram mi hanno fatto erroneamente pensare che avrei potuto trasferire quello che io riesco a fare lì sopra (la mia capacità di far immergere in un mondo fatto di ricordi e che ho spiegato qui) su un supporto cartaceo. Ecco questo è un grave errore perchè il risultato è lo stesso di quando i cartoni della Pixar vengono stampati su un libro (non mi sto paragonando alla Pixar, ma è per dare l’idea). Invece di pensare a come far emergere i ricordi d’infanzia attraverso la mia cartoleria (e ora avrei moltissime idee) ho semplicemente trasferito il mio Instagram su carta, privandolo di molta della sua capacità di suggestione.
Non puoi fare tutto tu
Questo è un mantra che ritorna costantemente ultimamente, ma è la verità. I primi quaderni del Cottage erano un mix di grafiche acquistate su Creative Market e modificate da me senza nessun tipo di competenza grafica (se ne sapete di grafica beate voi!!). La cosa era molto frustrante perchè il risultato non era mai come lo volevo e nonostante le persone fossero soddisfatte io non lo ero. Per sopperire a questa mancanza ho deciso di usare quello che mi riusciva abbastanza bene (le foto, appunto) tralasciando così la “menata grafica” e mollando tutto in mano alla tipografia che, aldilà del progetto sbagliato, non mi ha dato un prodotto all’altezza delle mie aspettative. Per fare un passo vero di qualità avrei dovuto studiare bene il progetto (con le considerazioni fatte prima) e lasciare tutto in mano a grafiche e illustratrici che, loro sì, di lavoro traducono le idee in immagini (basta vedere quello che hanno fatto le PemberleyPond con Celestino o con il mio logo). Ci vogliono soldi per fare tutto ciò e ci vuole la seria decisione che si vuole intrapendere quella strada, entrambe le cose non corrispondevano alla mia situazione e quindi “rinunciare” al progetto era la scelta più sensata (cosa che nei mesi si è più volte riconfermata)
Non chiedere un feedback agli amici
Ovviamente se avete delle amiche che riescono per un attimo a tirarsi fuori dal ruolo di amiche allora chiedete pure, ma se invece le vostre amiche si sentono male a spegnere il vostro entusiasmo per un progetto, ecco allora evitate perchè non sono oggettive. Questo non vuole essere un giudizio dell’amicizia, tutt’altro, è la consapevolezza che per avere un giudizio serio su un progetto abbiamo bisogno di parlarne con persone che sono disposte a darci un giudizio fatto di analisi e considerazioni utili.
Quando ho pensato a Vivian ho fatto beta testing con 4 persone e ognuna di loro mi ha corretto su vari aspetti, questo significa un sacrificio di tempo e soldi, ma la soddisfazioni delle clienti che ora lo ricevono è la conferma che chiedere a potenziali clienti di dare un giudizio oggettivo è la scelta giusta.
Ormai ero in pace con quello che è accaduto anche perchè la vita ha poi dimostrato che se avessi fatto altrimenti ora che non posso alzarmi dal letto sarei veramente in un bel casino, ma non basta sbagliare per imparare: gli errori bisogna guardarli in faccia.