Ci ho pensato un po’ prima di decidermi a raccontarvi questa cosa, ma sono sempre più convinta che in questo tempo fatto di ansia da performance sia fondamentale guardare i punti di debolezza per scoprire a cosa ci possono servire.
Le critiche (distruttive)
Non ho mai ricevuto critiche dirette al mio modo di raccontarmi su Instagram (e questa per me è una grande conquista), ma sarei un’illusa e molto irrealista se pensassi di piacere a tutti. Per quanto il mondo dei social sia “visibile”, c’è un backstage di relazioni personali che nascono, crescono e si rafforzano e che spesso diventano potatrici di quel passaparola di cui abbiamo parlato in un’altra occasione. Tramite queste relazioni, un bel po’ di tempo fa, sono venuta a sapere che mi era stata mossa una critica indiretta (ma pubblica) sul fatto che io raccontassi una vita bucolica nonostante vivessi in un palazzo in periferia in mezzo alla nebbia e ai piccioni (era rivolta a me, fidatevi).
Guardare in faccia le nostre reazioni
Non sono una tipa permalosa, ma non sono neanche immune alle critiche e la cosa mi ha dato fastidio, soprattutto perchè chi mi segue sa che il mio è sempre stato un racconto intimo, una sorta di rappresentazione di quello che sono dentro, aldilà dell’ spazio in cui vivo. Sono anche una persona che però ha imparato ad ascoltare quello che prova, a non censurarlo, a non aspettare che passi; ho capito così che, aldilà del fastidio, c’era qualcosa in più che si muoveva in me e mi sono chiesta se, in fondo in fondo, quel mio guardarmi dentro non stesse diventato un ostacolo a raccontare quello che c’era fuori.
Da quella critica ho iniziato a guardare quello che avevo davanti con gli stessi occhi con cui mi guardavo dentro, da lì è nato il mio nuovo modo di vivere la casa e l’idea di una nuova newsletter che parlasse di me per intero, ma, soprattutto, è nato Celestino, il piccione del Myselfie Cottage che consegna la posta (disegnato dalle Pemberley Pond) e che avete amato moltissimo.
Guardare e amare la periferia
Più guardavo la mia realtà più mi rendevo conto che quella realtà non era mia nemica, non era in contrapposizione con il mio racconto, anzi, valeva la pena di essere mostrata e raccontata, avevo solo bisogno della chiave giusta per mostrare quello che vedevo io (leggi “obiettivo 50mm”) e di riabbracciare lo spazio che mi circondava e renderlo davvero espressione di quello che ero.
Si dice sempre che le critiche servono, io sinceramente detesto un modo di criticare che serve solo a sminuire gli altri per farci emergere, ma davanti ad una critica distruttiva possiamo tirare fuori il meglio di noi, uscirne in qualche modo vincitrici, non perché lo dicono gli altri, ma perchè possiamo arrivare a guardarci con più affetto e ad abbracciare quello che siamo con nuova gratitudine.
È davvero bello poter guardare propri limiti come un’occasione, come parte della nostra identità e quindi come valore, certo non servono le critiche per farlo, ma ognuno usa di quello che ha.