N.d.r: Avevo preparato questo post qualche settimana fa e soprattutto prima che la piccola Olivia decidesse di mandarmi in maternità senza preavviso a causa di un problema al cuore (suo) che ha cambiato tutti i piani e le previsioni (non si stanca mai di ricordarci che la vita è piena di imprevisti). Ma ora più che mai quello che ho scritto in questo post rimane vero e indelebile.
Tra qualche giorno sarò ufficialmente in maternità, per l’esattezza, vado in maternità il giorno della festa della mamma. Da brava freelance ho deciso io la data e da brava freelance dovrò mettere a tacere il senso del dovere con una certa frequenza.
Sarà il parto che si avvicina, saranno i mesi fino ad oggi che sono stati un bel casino tra l’arrivo non calcolato di Olivia (sì nel 2018 è ancora possibile), riposo forzato, ripresa del lavoro, imprevisti mai abbastanza, ma mi sono ritrovata a pensare a cosa significhi per me essere mamma parecchie volte.
Avrei voluto scrivere tutti questi pensieri, avrei voluto dirvi che io non ci credo tantissimo alla teoria “le mamme hanno una marcia in più”, perché senza mio marito al massimo posso inserire la retromarcia, avrei voluto raccontarvi di tutte le volte in cui mi annoio a morte in cortile perché stare ferma è una condizione che non mi appartiene, avrei potuto rivelarvi che spesso la mia rigidità mi spaventa e che tantissime volte mi chiedo quanto questa cosa segnerà la crescita dei miei figli…
Poi però Dieghino (il solito autorevole Dieghino) mi ha fatto ascoltare la sua canzone preferita, quella che, oltre alle hit tamarre di mio marito, è diventata anche la canzone che tutti e tre cantano con entusiasmo e che io ascolto come la migliore lezione di sempre:
C’è una stella bianca che splende su nel ciel,
guardando solitaria i pascoli del Far West,
è la gran stella del vecchio Texas, la stella dei cowboys.
Nell’Ottantasette brillando su Fort Joy
guardò venire al mondo il piccolo Lazy Boy.
Così comincia la lunga storia di un pallido cowboy.Un dì la mamma gli disse “Vai,
ma resta un bravo cowboy.
La tromba un giorno ti chiamerà,
Gabriele la suonerà”.
Cowboy! Cowboy! Cowboy!“Lazy” vuol dir pigro, ma il nostro Lazy Boy
non era certo pigro lontano da Fort Joy
e un brutto giorno conobbe Jessie, conobbe la sua colt.
Cominciò a sparare ai sassi sulla via,
poi preferì i cavalli e infine la ferrovia.
Ai passeggeri bucò i sombreri, rubò pepite d’or.Un dì la mamma…
Tutti gli sceriffi cercavan Lazy Boy,
la taglia era grossa, piaceva al sergente Roy,
ma ad una spanna trovò la canna del pallido cowboy.
Stava per sparare il nostro Lazy Boy,
ma udì dalla missione un coro di Little Boys:
“Oh Lord! Oh Glory! Oh Alleluja”… e il colpo non partì.Un dì la mamma…
C’è una stella bianca che splende su nel ciel,
guardando solitaria i pascoli del Far West.
Così finisce la lunga storia del nostro Lazy Boy.[La Ballata di Lazy Boy]
E così, ogni giorno loro, i miei figli, cantando, spazzano via tutte le menate, le considerazioni sull’essere madre, sulle mie incapacità, sulla mia rigidità e mi chiedono solo una cosa: lasciarli liberi di andare, di sbagliare e di correggere il cammino, sempre certi della mia stima.
Resta un bravo cowboy! che è come dire “qualunque cosa tu faccia, qualunque errore tu commetta, qualunque strada tu scelga di percorrere, ai miei occhi tu sei un bravo cowboy, sii certo di questo e vai”.
(e, questo vale anche per te piccola Olivia)
p.s. i miei figli cantano questa canzone nella versione che Diego ha imparato all’asilo, ma se volete fare un tuffo nel passato potete ascoltare quella di un meraviglioso Quartetto Cetra o del Coro dell’Antoniano