Settimana scorsa mio suocero compiva 70 anni; mia suocera per l’occasione gli ha organizzato una festa a sorpresa in agriturismo a cui ha invitato figli, fratelli, nipoti e parenti vari. Quella stessa settimana mia figlia è stata invitata al mare da una sua amica – partenza il mercoledì, rientro la domenica a pranzo – e la prima risposta è stata “no Leti, non se ne parla: c’è la festa del nonno, sai che poi la nonna ci rimane male” mentre le dicevo questa cosa mi sentivo morire dentro pensando alla possibilità di passare 4 giorni con la sua migliore amica al mare (libera da noi e dai suoi fratelli) negati per passare 3 ore in un agriturismo in mezzo agli adulti.
Ci ho pensato e ripensato, mi sono guardata dopo una settimana intera in cui ho detto “no grazie” ad un sacco di richieste e mi sono detta che se per me vale la regola del “fai quello che desideri, non quello che devi” allora deve valere anche per i miei figli.
Così Leti è andata al mare con la sua amica, ha fatto un video di auguri al nonno che ha poi abbracciato al suo rientro dal mare.
I desideri non sono capricci
Mi sono chiesta più volte se il “fare quello che desideri” non fosse una posizione immatura, una sorta di rivoluzione del capriccio, ma poi ho capito che c’è una grande differenza tra il desiderare o il fare un capriccio.
Questo mese ho iniziato un percorso di mentoring intensivo e costoso (ne ho parlato everywhere quindi se lo sai già porta pazienza), l’ho iniziato perché lo desideravo. C’erano in me moltissime voci che mi dicevano “quei 2000 euro dovresti tenerli da parte” “non dovresti spendere così tanto”, “dovresti dedicare quel tempo a quel corso che hai in planning, invece che passare un’ora al giorno dietro al mentoring”, “dovresti usare quei soldi per andare agli esercizi spirituali, invece di spenderli ancora per il tuo lavoro” e tutte queste considerazioni avevano lo stesso suono di quel “devi andare al compleanno del nonno”, ma guardandole ad una ad una mi rendevo conto che quelle considerazioni venivano da fuori, da quello che pensano gli altri, quello che secondo gli altri dovrei fare.
Ma c’era una voce più chiara e distinta che diceva “Rita, tu questa cosa desideri farla tantissimo”, così ho messo a tacere tutte le altre voci e ho pagato i miei 2000 dollari.
Ora però la faccenda si fa tosta, ed è proprio qui la differenza tra un capriccio e un desiderio: il primo si esaurisce nel momento stesso in cui ottieni quello che vuoi, il secondo invece implica una strada e “un culo tanto” per arrivare a destinazione. Il primo non ti cambia, il secondo sì, il primo non richiede impegno, il secondo te ne richiede in proporzione alla grandezza del punto di arrivo. Ecco perché a Leti è stata comunque chiesta un’attenzione per il nonno (perché è pur sempre il nonno), un’ubbidienza a degli adulti di cui ci fidiamo e una verifica al suo rientro se davvero 4 giorni via da casa erano il tempo giusto per lei (ma questa è un’altra storia), ed ecco perché io per poter studiare e non trascurare il mio lavoro mi sto svegliando alle 5 tutte le mattine: perché tra i sinonimi di desideri c’è “impegnarsi molto”.
I desideri non prescindono dalla realtà
Quando mi sono iscritta la mentoring, una delle indicazioni era quella di stabilire in modo esplicito un tempo in cui dedicarsi alle lezioni. Io prima di iniziare mi ero detta “per farlo mi ritaglierò un po’ di tempo ogni giorno”. Il fatto di chiedersi espressamente “quando?” mi ha costretto a guardare le mie giornate e a ragionare realisticamente sul mio tempo e sugli imprevisti-che-sono-la-norma che caratterizzano la mia vita. Così molto onestamente mi sono detta: “devi svegliarti prima”. Considerando che la sveglia mia e di mio marito è alle 6 e quella dei bambini è alle 6.30 ho identificato le 5.30 come un orario adatto; poi però le prime mattine sentivo mio marito che faceva colazione da solo e mi sono detta che non volevo rinunciare a quel momento con lui quindi ho deciso di anticipare ancora di mezz’ora: da una settimana a questa parte la luce del terrazzino si accende alle 5.
Ancora una volta ho ascoltato i miei desideri e ho identificato le scelte (faticose) che era necessario fare perché fosse possibile fare quello che desideravo.
Non si tratta di battere i piedi come i bambini capricciosi, si tratta di tirarsi su le maniche e mettersi al lavoro.