Spesso quando mi si chiede “da dove hai iniziato?” racconto due o tre cose fondamentali degli ultimi anni, glissando tutto il resto.
A dicembre mi ha scritto Etsy chiedendomi di raccontarvi un po’ di più, anche delle mie vite precedenti e delle scelte fondamentali che mi hanno portato qui.
Dicono che può esservi utile come ispirazione o stimolo a fare quei passi di cui avete bisogno per dare davvero una chance alla vostra passione handmade, e lo dicono perché ho capito che questo è l’obiettivo del loro nuovo percorso formativo che si chiama Etsy Resolution, un programma che desidera dare strumenti conoscenze e supporto concreto a chi vuole fare sul serio. Vi lascio il tempo di andare a leggere di cosa si tratta, poi se volete vi aspetto di nuovo qui.
Allora siete pronti a guardare i miei scheletri nell’armadio?
IO, RITA PRIMA DEL WEB
Sono nata nel 1982…. ok ok, starete per dire “santo cielo, questa ora ci racconta la storia della sua vita”. Tranquille, non tutta, solo alcune cose che però forse sono importanti per capirmi.
Della mia vita prima delle scuole ricordo che mio papà mi chiamava “fugnin” – che in dialetto Milanese significa “ficcanaso” – perché avevo uno spiccata tendenza a frugare nei suoi cassetti che sono sempre stati pieni di tesori (macchine fotografiche, foto, cartoline, minerali, attrezzi e utensili..)
Della mia vita alle elementari ricordo che io e la mia amica Maria avevamo deciso che saremmo diventate archeologhe; poi arrivate in quinta lei mi ha detto che voleva diventare un’astronauta e il mio sogno archeologo è volato via con la sua determinazione (ndr. la mia amica Maria è attualmente ingegnere aerospaziale)
Della mia vita alle medie ricordo che ero felice, un filo troppo religiosa, ma iniziavo ad affondare le mie radici in un terreno stabile da cui non mi sono mai più sradicata. Mi piaceva pitturare, ma mio papà diceva che dell’artistico non se ne parlava, avrei potuto fare l’accademia dopo il liceo. Ricordo che non insistetti molto, mi bastava sentirmi radicata piuttosto che avere tutto chiaro sul mio futuro .
Della mia vita al liceo ricordo che mi piaceva fare l’alternativa, ascoltavo musica Punk e Reggae ma non fumavo canne e andavo a messa tutte le domeniche (mi sentivo molto alternativa in questo). Volevo suonare la chitarra elettrica in una rock band, ma in realtà suonavo il saxofono nella banda del paese (la Rita di allora mi avrebbe odiato per averlo spifferato). Ho sempre lavorato come cameriera in hotel durante l’estate e studiato a sufficienza per non rischiare bocciature o corsi di recupero. Le radici rimanevano ferme ma il terreno si era inaridito un po’. Non mi interessavano i ragazzi perché l’amicizia era al primo posto, finché non ho compiuto 18 anni e non ho conosciuto il Calda (quel “disgraziato” di mio marito) concedendogli una parte del mio “spazio riservato alle persone fondamentali”.
Della mia vita all’università ricordo che quel terreno arido è stato lungamente annaffiato con acqua limpida e freschissima, studiavo lingue avevo le amiche migliori che potessi avere, lavoravo di sera in una bellissima sala da tè (ecco perché sono così fissata) e avevo un fidanzato che, nonostante alcuni periodi tosti, era quello giusto per il mio futuro. Le radici erano sempre più solide e aggrappate a quel terreno da cui conto di non staccarmi mai e io ero pronta a viaggiare per il resto dei miei giorni.
Della mia vita dopo l’università ricordo che gli unici viaggi che ho fatto sono quelli che mi hanno riportato più volte a trovare la mia famiglia di Madrid (che mi ha ospitato durante l’Erasmus), dopo di che sono stata dietro alla scrivania di un’agenzia di viaggi (dove i viaggi li fanno gli altri), dietro la reception di un hotel (dove arrivano quelli che viaggiano) e dietro alla scrivania di un ufficio tecnico di una ditta produttrice di salviettine umidificate (dove non viaggia nessuno). Tutto ciò con un meraviglioso intervallo: il mio matrimonio.
IO, RITA 1.0
Siamo al 2008 e del primo mese dopo il matrimonio ricordo un test di gravidanza, le lacrime per i piani andati in fumo, un distacco della placenta, la disoccupazione e il riposo forzato. Ricordo le giornate sdraiata tra libri e PC e i primi blog americani, scoperti per caso. Ricordo i link salvati su un file word e i primi tentativi “craft” dopo essermi rimessa in piedi; ricordo quelle scarpine di feltro che non sarebbero state ai piedi di un bambino neanche per miracolo, ricordo la scoperta di Pinterest e la tentazione inevitabile di copiare qualsiasi cosa.
IO, RITA 2.0
Ricordo la nascita di Leti e il desiderio di occupare il mio tempo e le mie mani con qualcosa che non fossero solo pannolini. Ricordo il primo Faccio e Disfo, fatto a caso, i primi post tra foto brutte, progetti improbabili (ricette incluse).
(ve lo giuro, queste sono foto mie!)
Ricordo che non c’era stata ancora l’ondata Facebook e dovevi sperare che qualcuno arrivasse nel tuo blog visitandone tanti altri e lasciando tracce qua e là. Ricordo di non aver parlato del blog a nessuno dei miei conoscenti, marito a parte, perché me ne vergognavo. Poi un lavoro part time in un centro di aiuto allo studio e nuova gravidanza mi hanno allontanata dal blog, fino al 2013 quando un sito web – evidentemente alla canna del gas – mi ha chiesto di entrare a far parte delle blogger di redazione. Esperienza da dimenticare se non fosse che mi ha costretto ad aprire p.iva e quindi a farla fruttare in qualche modo migliorando ancora e ancora (nel frattempo stava arrivando Diego e l’esigenza di un lavoro funzionante diventava sempre più pressante).
Ho capito subito che per migliorare era necessario imparare da persone più brave e più esperte di me, così mi sono iscritta al mio primo corso di formazione: il Blog Lab. Ho cambiato grafica del blog tante volte, sono stata costante nella pubblicazione (anche una volta al giorno!!), sono migliorata nelle foto, nei progetti, nella capacità di raccontarmi, ma non era ancora abbastanza. Mentre speravo di avere un futuro come craft blogger, c’era una cosa che aveva colpito l’attenzione di tante: si trattava di mollette antiche trasformate in personcine da portare al collo. Erano le prime Myselfie e, anche se io mi ostinavo a “fare la blogger”, ritornava potente l’evidenza che da me le persone volevano proprio quella cosa.
IO, RITA 3.0
Nel 2014 mi sono decisa e ho iniziato a creare e vendere Myselfie facendo prezzi a caso, comprando materiali di volta in volta, impazzendo tra foto, richieste di modifiche, spedizioni disperse, packaging improvvisati e sentendomi sempre non sufficientemente “pronta”. Nelle mie ricerche online mossa dal mio desiderio di crescere iniziavo a sentir parlare di target, pianificazione, social media strategy e capivo che erano qualcosa di fondamentale.
Mentre imparavo a conoscere meglio la mia cliente ideale, continuavo a rendermi conto che quanto più raccontavo cosa stava dietro ai progetti sul blog e alle Myselfie, tanto più la mia identità online andava formandosi, rafforzandosi. Le Myselfie diventavano grandi e io con loro.
Mentre mi meravigliavo dei risultati nasceva il desiderio di condividere i passi fatti con altre piccole coraggiose crafter che volevano trasformare la loro passione in una professione, nasceva così Colibrì Academy, ma io mi sentivo inesperta e inadeguata, c’erano ancora tante cose che dovevo e volevo imparare per poterle insegnare. Era ora di fare un altro corso di formazione, questo costava molto ma prometteva bene.
Il corso come Social Media Manager con Enrica Crivello mi ha aperto un mondo, quello dei social network, e assieme al corso sull’email marketing con Alessandra Farabegoli e Gianluca Diegoli ho avuto la conferma che per crescere bisogna studiare e non risparmiarsi mai.
Nel 2015 Sono entrata nel team di Blogger di Casafacile, ho smesso di fare tutorial perché le Myselfie sono diventate un prodotto sempre più “forte” e richiesto anche se il prezzo era più che raddoppiato rispetto all’inizio; avevo compreso i gusti della mia cliente e avevo anche capito che sarebbe stato interessante per lei entrare sempre di più in un mondo fatto di lentezza e cura, di gesti semplici e di avventure sognanti immersa tra fiori e pagine di libro.
IO, RITA 4.0
Era settembre 2015 e attorno alle Myselfie stava nascendo il Myselfie Cottage. Anch’io avevo finalmente trovato casa: delle mura in cui poter raccontare visivamente la mia storia, i miei valori, il mio modo di lavorare e vedere la vita.
Ancora una volta però avevo bisogno di seguire qualcuno per dare un senso e una direzione alla grandissima fatica di gestire un’attività individuale.
Ed eccoci arrivati al 2016 il mio primo anno di attività commerciale, l’anno in cui ho cambiato definitivamente il mio nome online, il mio anno di maggiori investimenti in formazione e di maggior fatturato: ho frequentato il BBclub di Gioia Gottini che mi ha dato un metodo di lavoro da seguire sempre, ho frequentato un corso di fotografia che mi ha fatto essere un pochino più consapevole dei mezzi che ho a disposizione, ho frequentato un corso di immagine e stile con Anna Turcato che mi ha fatto capire di più chi sono anche esteticamente, ho comprato corsi online e libri che ancora devo terminare, Colibrì Academy è diventata un’associazione e io ho scritto un ebook raccontando timidamente quello che ho capito di Instagram (e l’esito è davvero incredibile: speravo di arrivare ad un centinaio di copie e siamo quasi a 300).
IO, RITA ADESSO (forse 5.0)
Ed ora siamo a questo momento e quanto più la mia identità va formandosi all’interno del Cottage tanto più le richieste di lavoro aumentano, così come le idee e i progetti e tutto questo lo devo solo ad una cosa: la consapevolezza di dover essere sempre dalla parte di chi impara prima ancora che dalla parte di chi insegna.
Ecco perché se siete all’inizio (ma anche se non lo siete), la scelta migliore che potete fare è quella di imparare, tutto il resto avrà così senso contesto e collocazione. Etsy resolution mi sembra un’ottima occasione di imparare (tra l’altro senza spendere nulla se non tempo e impegno).
A tutti gli effetti mi sembra un ottimo affare!
Ci vediamo lì? Ah sì, perché mi sono iscritta anch’io ad Etsy Resolution: avere un ecommerce per me non significa escludere tutte le altre opzioni. Ma di questo vi dirò nel prossimo post 😉
p.s. alla fine non sono molto distante dal mio sogno di bambina: raccolgo reperti e li utilizzo per raccontare storie